Adempimenti

Misure di ricapitalizzazione alla prova degli aiuti di Stato

Nel decreto rilancio regole stringenti per impedire di alterare la concorrenza

Le disposizioni contenute nel decreto legge rilancio relative agli aiuti di Stato, che si aggiungono alle misure già previste con decreti legge cura Italia e liquidità, trovano ampia ispirazione nelle regole e principi contenuti nel temporary framework adottato dalla Commissione Europea per far fronte all’emergenza Covid-19 lo scorso 19 marzo e più volte modificato.

Il temporary framework ammorbidisce significativamente il rigore delle disposizioni comunitarie in materia di aiuti di Stato. La misura è limitata nella sua applicazione, quanto al tempo, al periodo strettamente necessario per il superamento delle conseguenze economiche negative della pandemia, quanto ai destinatari, alle imprese in difficoltà per effetto esclusivo dell’epidemia Covid-19.

Gli interventi ammessi
Il regime da ultimo introdotto è sistematicamente rivolto a consentire una doppia tipologia di interventi. In primo luogo, vi sono le misure di sostegno alla ricapitalizzazione per medie e grandi imprese (articoli 26-27). In secondo luogo, vi sono le sovvenzioni dirette, gli anticipi rimborsabili, le agevolazioni fiscali, le garanzie nonché i tassi agevolati per i prestiti alle imprese (articoli 53-62). In questa stessa prospettiva, il decreto prevede inoltre specifici aiuti per la ricerca e lo sviluppo, la produzione di medicinali e vaccini connessi al Covid-19, nonché in materia di sovvenzioni per il pagamento dei salari dei dipendenti delle imprese in difficoltà.

Particolarmente rilevanti sono le disposizioni in materia di ricapitalizzazione delle imprese italiane, da concedersi per aumenti di capitale effettuati entro il 31 dicembre 2020. Esse perseguono l’obiettivo di scongiurare l’uscita dal mercato di imprese redditizie prima della pandemia. Le misure sono distinte per imprese di medie dimensioni e per quelle grandi.

Gli incentivi alle imprese
Le imprese di medie dimensioni (fino a 50 milioni di euro di fatturato) sono incentivate a rafforzare il proprio capitale sociale attraverso aumenti di capitale a pagamento, mediante un credito d’imposta a favore del socio conferente e dell’impresa conferitaria. A ciò si aggiunga che la società beneficiaria di un conferimento superiore ai 250mila euro, quando abbia subito perdite di almeno un terzo del fatturato rispetto all’anno precedente e non abbia più di 250 dipendenti, può emettere strumenti finanziari di debito che saranno sottoscritti da Invitalia Spa.

Per le grandi imprese è, invece, prevista la possibilità di usufruire del cosiddetto patrimonio rilancio, che verrà costituito da Cassa depositi e prestiti e che verrà utilizzato, in via preferenziale, per la sottoscrizione di prestiti obbligazionari convertibili, la partecipazione ad aumenti di capitale e per l’acquisto di azioni quotate in caso di operazioni strategiche.

I requisiti
I requisiti per accedere a tali strumenti di ricapitalizzazione previsti dalla norma appaiono generici (deve trattarsi di società per azioni con sede in Italia, con fatturato superiore a 50 milioni di euro, non attive nel settore bancario, assicurativo e finanziario), mentre si rinvia a un successivo decreto del ministero dell’Economia, per l’individuazione in concreto dei requisiti di accesso, le condizioni e le modalità di intervento del cosiddetto patrimonio rilancio.

Tali interventi tendono tuttavia a consentire di superare le difficoltà, ma anche ad evitare che la misura pubblica finisca per distorcere la concorrenza in quanto il temporary framework stabilisce obblighi stringenti per il soggetto destinatario dell’aiuto alla ricapitalizzazione. È infatti previsto il divieto «di espansione commerciale aggressiva», di pubblicizzazione della concessione della misura di aiuto o di sovvenzioni incrociate a favore di imprese appartenenti allo stesso gruppo e, cosa più importante anche sul piano della presentabilità politica della misura di sostegno con risorse pubbliche, il divieto di pagamento dei dividendi fino al «riscatto integrale» della ricapitalizzazione.

I dubbi interpretativi
Occorrerà quindi che la normativa nazionale secondaria sciolga alcuni dubbi interpretativi derivanti dalla formulazione atecnica, di matrice comunitaria, anche al fine di risolvere il problema temporale e l’applicazione concreta di norme che sembrano mere petizioni di principio da riempire di contenuto giuridicamente vincolante per gli organi sociali e per le prospettive di investimento dei soci.

Sulla stessa ispirazione, se la ricapitalizzazione è superiore ai 250mila euro e il beneficiario dispone di un «notevole potere di mercato», lo Stato dovrà adottare misure supplementari di tipo strutturale o comportamentale per eliminare ogni rischio sulla concorrenza, anche in questo caso da definire. Infine, fino al riscatto di almeno il 75% della misura di ricapitalizzazione, ai beneficiari viene impedito di acquisire partecipazioni superiori al 10 % in imprese concorrenti e saranno imposte limitazioni per la retribuzione dei dirigenti.

La ricapitalizzazione
Anche in difetto di un’esplicita indicazione nella norma primaria o nel decreto che sarà adottato dal Mef, dunque, le misure di ricapitalizzazione per poter essere implementate dovranno sottostare a regole molto stringenti, volte a impedire una loro applicazione indiscriminata, che possa alterare la concorrenza o generare comportamenti opportunistici a valere sulle risorse pubbliche messe a disposizione.

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