Controlli e liti

Negli appalti illeciti contributi chiesti al committente

di Mauro Pizzin

In caso di inadempienze retributive e contributive rilevate nell’ambito di un appalto illecito, il personale ispettivo potrà agire nei confronti del committente/utilizzatore solo se il lavoratore si sarà costituito in giudizio, mentre potrà effettuare il recupero contributivo rivalendosi direttamente sul committente e, in seconda battuta, sullo pseudo appaltatore.

Lo ha sottolineato l’Ispettorato nazionale del lavoro (Inl) con la circolare n. 10/18 , pubblicata ieri. Un chiarimento - si spiega nel documento - resosi necessario in considerazione dell’orientamento giurisprudenziale formatosi in materia.

Per quanto concerne la retribuzione, l’Inl ricorda che le ipotesi di appalto privo dei requisiti previsti dall’articolo 29, comma 1, del Dlgs 276/03 per distinguerlo dalla somministrazione di lavoro (ossia l’organizzazione dei mezzi necessari da parte dell’appaltatore) sono state depenalizzate dal Dlgs 8/2016 e comportano oggi una sanzione amministrativa di 50 euro per ogni lavoratore occupato e per ogni giornata di lavoro sia nei confronti dello pseudo appaltatore, sia nei confronti del committente/utilizzatore. Ciò premesso, si ricorda che con l’articolo 29, comma 3 bis, del Dlgs 276/03 il legislatore ha lasciato alla libera iniziativa del lavoratore la costituzione del rapporto di lavoro nei confronti dell’effettivo utilizzatore della prestazione, ricorrendo al Tribunale in funzione di Giudice del lavoro in base all’articolo 414 del Codice di procedura civile. In assenza della costituzione del rapporto di lavoro in capo all’utilizzatore - precisa l’Inl - il provvedimento di diffida accertativa potrà essere adottato esclusivamente nei confronti dello pseudo appaltatore in relazione alla retribuzioni non correttamente corrisposte in ragione del ccnl da costui applicato.

Il discorso cambia quando si passa al recupero contributivo, perchè il rapporto previdenziale tra datore di lavoro ed ente previdenziale ha fonte legislativa e presuppone esclusivamente l’instaurazione di fatto di un rapporto di lavoro. Come tale - sottolinea l’ispettorato richiamando le Cassazioni n. 17355/17 e 6001/12 - non consegue alla stipula di un atto di natura negoziale ed è indifferente alle sue vicende processuali, «essendo del tutto sottratto alla disponibilità delle parti».

Il recupero contributivo non è quindi condizionato dalla scelta del lavoratore di portare in giudizio il committente e il personale ispettivo procederà subito nei confronti di quest’ultimo alla determinazione dell’imponibile contributivo tendendo conto del ccnl applicabile in base all’articolo 1 del Dl 338/89 e al conseguente recupero del dovuto, al netto di quanto eventualmente già versato dallo pseudo appaltatore. Un principio, quello del coinvolgimento dello pseudo appaltatore, in linea con quanto stabilito dalla Consulta in riferimento alla responsabilità solidale ex articolo 29, comma 2, del Dlgs 276/03 (sentenza 254/17) e e che porta l’Ispettorato a ritenere che, qualora non vada a buon fine il recupero contributivo nei confronti del committente/utilizzatore, l’ammontare dei contributi possa essere richiesto allo pseudo appaltatore, «il quale non può ritenersi del tutto estraneo alle vicende accertate».

Questi principi, secondo l’Inl, trovano, applicazione nell’inter filiera degli appalti e anche nei casi di affidamento dell’esecuzione dell’appalto da parte del consorzio a società consorziata.

La circolare 10/2018 dell’Inl

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