Adempimenti

Negli studi professionali difficile immunizzare personale e collaboratori

Il protocollo per la vaccinazione sui luoghi di lavoro firmato il 6 aprile scorso è di difficile attuazione nelle realtà più piccole

ADOBESTOCK

di Gabriele Taddia e Valeria Uva

Il protocollo per la vaccinazione sui luoghi di lavoro, firmato il 6 aprile dalle parti sociali, si applica alle aziende, ma anche agli studi professionali. Ma se per le imprese di grandi dimensioni la vaccinazione in azienda può essere una strada percorribile, per la maggior parte degli studi di piccole e medie dimensioni rischia di essere una opportunità più teorica che pratica.

Le procedure

Il titolare dello studio – una volta manifestata la disponibilità all’azienda sanitaria competente (in proprio o tramite le organizzazioni di categoria) deve allestire un punto vaccinale idoneo con l’impiego di operatori sanitari formati e con il coinvolgimento del medico competente il quale fornirà ai lavoratori adeguate informazioni su vantaggi e rischi connessi alla vaccinazione e sulla specifica tipologia di vaccino, acquisendo il consenso informato e il triage preventivo relativo allo stato di salute e garantendo la riservatezza dei dati. Gli studi non tenuti alla nomina del medico competente o che non possono fare ricorso a strutture sanitarie private, possono avvalersi delle strutture sanitarie dell’Inail, con oneri a carico di quest’ultimo. In alternativa alla vaccinazione diretta, i datori di lavoro possono concludere, anche per il tramite delle associazioni di categoria di riferimento o nell’ambito della bilateralità, convenzioni con strutture private.

Gli oneri

I costi per la realizzazione e la gestione dei piani aziendali, compresa la somministrazione, sono a carico del datore di lavoro, mentre la fornitura dei vaccini, dei dispositivi per la somministrazione (siringhe/aghi) e la messa a disposizione degli strumenti formativi e della piattaforma per la registrazione delle vaccinazioni sono a carico dei servizi sanitari regionali. Nell’insieme si tratta di adempimenti non semplici e costosi, che coinvolgono anche non trascurabili aspetti legati alla tutela della riservatezza, all’espletamento delle attività legate all’informazione e all’acquisizione del consenso in conformità a quanto previsto anche dalle indicazioni per la vaccinazione. Sembra pertanto una modalità alla quale potranno accedere di preferenza studi professionali di dimensioni rilevanti, mentre appare decisamente meno percorribile per la maggior parte degli altri.

Le iniziative sul campo

Alla vaccinazione dei collaboratori stanno già guardando con interesse, ad esempio, i grandi studi legali associati internazionali e nazionali (realtà formate anche da centinaia di persone) riuniti in Asla: «Per noi è una opportunità - commenta il presidente, Giovanni Lega - che verrà discussa nel prossimo cda dell’associazione, il 28 aprile». Anche Confprofessioni si sta muovendo. Al tavolo del Protocollo l’associazione guidata da Gaetano Stella è riuscita a ottenere la possibilità di vaccinare non solo i dipendenti ma anche tutti i collaboratori a vario titolo degli studi. Dopo la firma è partito l’iter per organizzarsi in proprio con degli hub sul territorio. L’idea è di far ricorso ai medici e ai dentisti presenti nell’associazione che sono già abilitati a fare le vaccinazioni per conto dello Stato. «Stiamo cercando luoghi idonei da mettere loro a disposizione - precisa Stella - per vaccinare i nostri associati e i collaboratori». La procedura dovrebbe essere senza oneri per gli studi aderenti, con risorse anche dalla bilateralità. Confprofessioni è già partita con la messa a punto dei piani aziendali. «È un’organizzazione complessa, ma se non riscontriamo intoppi potremmo partire tra giugno e luglio, quando sarà completata la fase dedicata ad anziani e fragili».

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