Controlli e liti

Nel 2016 false fatture per 1,8 miliardi

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di Ivan Cimmarusti

Il sistema della falsa fatturazione in Italia nel 2016 vale 1,8 miliardi di euro. Va avanti da un pezzo: ogni anno è individuato un flusso di denaro, circa 2 miliardi, che svanisce dai canali leciti per finire nel sottobosco della finanza o degli investimenti. Una maxi provvista «in nero» che, ingrassando le casse di imprese, può inquinare il mercato e la concorrenza. Le verifiche investigative, però, ci raccontano che dietro questo giro di soldi clandestini si nasconde anche un vorticoso sistema di tangenti per accaparrarsi appalti pubblici . Sistema al centro dell’attività investigativa e di contrasto della Guardia di finanza rilanciata oggi dal Comandante generale, Giorgio Toschi, nel corso del 243° anniversario delle Fiamme Gialle celebrato a L’Aquila alla presenza del Capo dello Stato Sergio Mattarella.

Le fatture per operazioni inesistenti, dunque, assumono un valore altamente strategico, perché come spiega il comandante del nucleo valutario della Guardia di finanza, il generale Giovanni Padula, «talvolta sono emesse per fini strumentali al perfezionamento di altri affari illeciti o per remunerare soggetti intranei alla rete degli appalti pubblici ovvero per giustificare il trasferimento di ricchezze all’estero». Il principio investigativo «”Follow the money” rimane una regola aurea», continua Padula, «per contrastare le diverse forme di criminalità economica e aggredire i patrimoni». Ogni anno il valutario raccoglie circa «100mila segnalazioni per operazioni sospette (Sos)», che rappresentano «il fulcro del sistema di prevenzione antiriciclaggio». Tuttavia restano zone d’ombra: è interessante notare come dalle aree del Sud Italia (escluse le isole) giungano il minor numero di Sos rispetto al resto della nazione. Nel 2016, infatti, risultano 17mila 663 segnalazioni (il 16,98% del totale), rispetto alle 55mila del Nord (il 52,98%) e le 17mila 663 del Centro (il 19,22%).

Il particolare non è di poco conto, perché proprio nel Sud, in cui si concentrano fenomeni di criminalità economica di maggior rilievo, si sono registrate anche sospette anomalie nella circolazione del denaro contante. Il dato emerge da una relazione del ministero dell’Economia: risulta, ad esempio, che nella sola Calabria, territorio ad alta densità mafiosa, questo fenomeno sia diffuso in ben quattro province su cinque (solo Crotone ha una classe di rischio “medio”). Secondo il comandante del valutario, «bisogna elevare il livello di attenzione su questi temi e migliorare la qualità delle informazioni, coinvolgendo in modo fattivo le diverse categorie dei soggetti (intermediari, liberi professionisti ed altri operatori) obbligati a fornire la piena collaborazione al sistema antiriciclaggio».

A tutto questo, prosegue il generale, bisogna aggiungere che «diverse evidenze investigative confermano un interesse» al trasferimento all’estero di capitali. «Ma è pur vero - aggiunge - che si stanno rafforzando anche le dinamiche della collaborazione e cooperazione tra Stati, sia a livello investigativo che giudiziario, soprattutto in ambito europeo». Secondo Padula si tratta «di sinergie investigative ormai divenute necessarie, considerato che esistono piazze finanziarie come Londra e centri di affari (vedi Malta), che per struttura e vicinanza fisica attirano capitali di dubbia provenienza. In questi siti esiste una rete costituita da intrecci societari opachi, favoriti da un’industria finanziaria di significativa rilevanza. Il tutto in un tessuto di regole a maglie larghe, la cui permeabilità rappresenta un’occasione per chi deve ripulire il denaro».

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