Diritto

Nelle crisi d’impresa più spazio al pubblico ministero

Sì al decreto correttivo. L'accusa potrà intervenire in tutti i procedimenti. Rinviate al 1° settembre 2021 anche le misure di allerta per le microimprese

di Giovanni Negri

Un ruolo a tutto campo del Pm nelle procedure di regolazione della crisi. Oltre al rinvio al 1° settembre 2021 dell’avvio delle misure di allerta per le micorimprese, alla rimodulazione dei segnali d’allarme sul fronte fiscale, la precisazione su fisionomia del componente amico degli Ocri le misure per i professionisti. Ma anche una rideterminazione di contenuti e condizioni per i concordati di gruppo. Il Consiglio dei ministri conclusosi nella note tra sabato e domenica ha dato il via libera definitivo anche al decreto legislativo che corregge il Codice della crisi d’impresa.

Detto che con l’allineamento dell’allerta anche per le piccole imprese, chiamate nei mesi passati a dotarsi dell’organo di controllo interno, tutte le novità sono destinate a diventare operative dal prossimo 1° settembre (tramontato ormai il progetto di fare entrare in vigore subito una parte della riforma del sovraindebitamento), il provvedimento mette in campo una serie di modifiche e a aggiustamenti per rendere più efficiente il debutto del Codice.

Tra queste si segnalano le modifiche e i chiarimenti su ruolo e spazio del pubblico ministero nelle procedure di crisi. Il decreto puntualizza infatti che il Pm, oltre a presentare il ricorso per l’apertura della liquidazione giudiziale in tutti i casi in cui ha notizia dello stato di insolvenza, può intervenire anche in tutti i procedimenti diretti all’apertura di una procedura di regolazione della crisi. Inoltre, con l’intenzione di non disperdere il patrimonio di conoscenza acquisite nel procedimento dal rappresentante dell’accusa, il medesimo Pm intervenuto in primo grado nell’ambito di uno di questi procedimenti può partecipare al successivo grado di giudizio.

Quanto all’allerta, il decreto interviene soprattutto sul fronte delle segnalazioni da parte dell’amministrazione finanziaria, modificando, sul fronte Iva, i parametri di esposizione con il Fisco. Al criterio della percentuale, che avrebbe condotto nei fatti a una impossibilità di applicazione, si sostituisce un meccanismo per scaglioni, che determinano in maniera netta l’ammontare specifico dell’Iva scaduta e non versata, superato il quale scatta l’obbligo della segnalazione (100.000 euro, se il volume d’affari che risulta dalla precedente dichiarazione non è superiore a 1 milione, 500.000 in caso di volume d’affari di 10 milioni e 1 milione di scostamento se il fatturato è oltre i 10 milioni).

Sciolto, con l’indicazione che spetta esclusivamente agli amministratori l’istituzione degli assetti organizzativi, eliminando la confusione sulle comptenze gestorie affidate ai soci, il decreto modifica anche la disciplina dei concordati di gruppo per rendere più evidente la convenienza del piano per i creditori delle singole società della holding.

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