Adempimenti

Nello scontrino la detraibilità della spesa per le mascherine

Scattata l’esensione Iva fino al termine del 2020. Sigla, natura o codice AD per indicare la detraibilità al 19%

Mascherine e altri beni necessari per fronteggiare l’emergenza Covid-19 diventano esenti Iva dal 19 maggio al 31 dicembre 2020, e dal 1° gennaio 2021 avranno l’Iva al 5 per cento.

L’articolo 124 del decreto rilancio (Dl 34/2020) prevede uno sgravio Iva su una ampia serie di beni impiegati nell’emergenza sanitaria, dalle mascherine ai disinfettanti, dall’abbigliamento protettivo ai ventilatori polmonari, per i quali viene abbassata l’aliquota a regime, dal 22% al 5%, e per il 2020 viene addirittura prevista l’esenzione totale da Iva. La maggior parte di tali beni sono destinati ad uso ospedaliero o in strutture sanitarie, ma alcuni sono commercializzati anche al pubblico, nelle farmacie o in altri esercizi: si tratta per lo più di mascherine, guanti, termometri, disinfettanti, provette sterili. Le mascherine chirurgiche (e solo quelle) per tutto il 2020 costeranno 50 centesimi e non più 61; gli altri prodotti restano a prezzo libero, ma fino a dicembre non saranno gravati di Iva e dal 2021 avranno l’Iva al 5 per cento.

Si prevede espressamente che la cessione dei beni in questione è esente «con diritto alla detrazione dell’imposta». Farmacie e altri negozi che vendono questi beni non solo potranno detrarre l’Iva pagata sui beni già acquistati, ma non dovranno nemmeno applicare il meccanismo del pro-rata, che forfetizza l’Iva indetraibile a monte in proporzione al fatturato esente. È richiamato infatti solo il primo comma dell’articolo 19 del decreto Iva, che consente la detrazione, ma non il quinto che disciplina il pro-rata.

Tra le mascherine, l’Iva resta al 22% per quelle ad uso della collettività senza marcatura CE, mentre devono ritenersi esenti le mascherine chirurgiche e le FFp2/FFp3, anche se prive di marchio «Ce» ma autorizzate in deroga dall’Iss (le prime) e dall’Inail (le seconde).

L’esenzione non influisce sulla ventilazione dei corrispettivi

L’esenzione non influisce sulla ventilazione dei corrispettivi applicata dalle farmacie che registrano gli incassi senza distinzione di aliquota Iva, e poi versano l’Iva in proporzione all’aliquota media sugli acquisti. Se le vendite esenti entrassero in ventilazione, il farmacista subirebbe un danno economico, perché dalla vendita esente dovrebbe versare l’aliquota media Iva (che in farmacia è circa l’11%) anche senza averla riscossa. La ventilazione si applica però ai corrispettivi “imponibili”, per cui le vendite esenti di “beni Covid-19” ne vanno escluse. Il tracciato dei corrispettivi telematici inviato alle Entrate purtroppo inserisce tutto in ventilazione, per cui lo storno andrà gestito manualmente dal consulente fiscale nella liquidazione iva. Queste vendite, derivanti da una disposizione eccezionale e transitoria, non entrano nemmeno nel plafond massimo del 20% dei ricavi non ventilati che, se superato, fa decadere dal regime di ventilazione.

La detraibilità delle spese

Attenzione al documento fiscale per il cliente, perché alcuni beni esenti sono detraibili, altri no: sono dispositivi medici detraibili, ad esempio, termometri, provette e mascherine chirurgiche da 50 centesimi; non sono invece (ancora) detraibili le mascherine FFP2 e FFP3 che sono Dpi. Per tutti i beni lo scontrino dovrà indicare il titolo di esenzione (ad esempio «esente Iva Dl 34/2020»), ma una descrizione generica «beni Covid-19» impedirebbe la detrazione per i beni ammessi: deve quindi essere indicata, anche con sigle, la natura (dispositivo medico) o in alternativa la codifica AD e bisognerà trasmettere alla precompilata solo i dispositivi detraibili.

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