Adempimenti

Nemmeno lo Statuto aiuta a uscire dal guazzabuglio

immagine non disponibile

di Luca Gaiani

Versamenti Ires di fine giugno? Peggio di così non si poteva fare. Alla mancanza di istruzioni ufficiali sulle ricadute fiscali dei nuovi principi contabili, si aggiunge il guazzabuglio generato dal ricalcolo dell’acconto 2017, con applicazione “retroattiva” delle ripetute modifiche all’Ace.

La legge di conversione del Dl 50/2017 ha nuovamente ritoccato la disciplina Ace sostituendo il complesso meccanismo di determinazione quinquennale degli incrementi patrimoniali, previsto dalla versione originaria del decreto, con una riduzione all’1,6% (dal 2,3%) del coefficiente da utilizzare per quantificare la deduzione del 2017 (1,5% dal 2018). Il rendimento del 2,3%, lo ricordiamo, era stato previsto qualche mese fa dalla legge di Bilancio 2017, che aveva disposto che la percentuale doveva utilizzarsi (in luogo del 4,75%) rideterminando l’imposta storica per il calcolo dell’acconto 2017 (comma 553 della legge 232/2016).

Fin qui, niente di nuovo. È una pratica assai diffusa del nostro legislatore, quella di accompagnare le strette fiscali con disposizioni che impongono ai contribuenti di tenerne conto anticipatamente nel (ri)calcolo dell’acconto storico dell’anno in corso. Senonché, a pochi giorni dalla scadenza della prima rata dell’acconto 2017, il legislatore torna a modificare le regole. Superato il meccanismo originario (che pure avrebbe influenzato l’acconto), cancellato dal Parlamento, le imprese devono ora fare i conti con la legge di conversione che stabilisce che la nuova misura dell’1,6% (che sostituisce il 2,3%) deve essere considerata per un ricalcolo virtuale dell’Ires storica (ma non dell’Irpef) da utilizzare per l’acconto 2017.

Ma una via di uscita potrebbe esserci. Questa disposizione, in base all’articolo 3, comma 2 della legge 212/2000, non può richiedere adempimenti a carico dei contribuenti prima del decorso di 60 giorni dalla sua entrata in vigore. Conseguentemente, il ricalcolo dell’acconto 2017 mediante applicazione “retroattiva” della minor Ace dell’1,6% non potrà che avere effetto dalla rata di novembre. Un illustre precedente conferma questa tesi. Il Dl 223/2006 (la manovra Visco-Bersani), nel disporre (articolo 36, comma 34) che talune penalizzazioni in materia di reddito d’impresa dovevano considerarsi ricalcolando l’acconto storico, stabilì un’espressa deroga all’articolo 3 della legge 212/2000, il che comportò l’immediata applicazione della norma nel versamento della prima rata, per quei contribuenti per i quali il termine non era scaduto alla data di entrata in vigore del decreto (circolare 28/E/2006). Analoga deroga non è prevista dal Dl 50 sicché il ricalcolo con Ace 2016 virtuale all’1,6% si può applicare dal 60° giorno successivo alla pubblicazione della legge di conversione.

Tutto chiaro? Niente affatto, perché se, a seguito dello Statuto, la nuova norma non trovasse applicazione nella scadenza di fine mese, tornerebbe a rivivere il ricalcolo dell’acconto storico con Ace del 2,3% previsto dalla legge 232/2016, disposizione che il Dl 50 non abroga espressamente. Potrebbe, dunque, verificarsi che (ma attendiamo lumi, si spera immediati, dalle Entrate) per l’acconto Ires 2017 debba eseguirsi un incredibile doppio ricalcolo dell’imposta storica: nella prima rata simulando che il coefficiente Ace 2016 sia pari al 2,3% e nella seconda rata calcolando l’Ires 2016 con il coefficiente dell’1,6 per cento. Sempre che non si scelga il previsionale (per sfruttare l’Ires al 24%) nel qual caso già da giugno occorre considerare l’Ace all’1,6 per cento. Sembrerebbe uno scherzo di cattivo gusto, ma purtroppo non è così.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©