Nessun rimborso a chi paga le sanzioni e poi vince il ricorso
Con il pagamento fatto nel 2009 il lettore ha "definito", ossia ha "conciliato", le sanzioni collegate alla presunta evasione tributaria, e attualmente non sussiste alcuna valida ragione per chiedere il rimborso di quelle pagate.
Quando il lettore afferma che «per il ricorso sono state pagate le sanzioni previste... per evitare ulteriori addebiti», vuole verosimilmente riferirsi a una modalità di "definizione agevolata", di "conciliazione" della sanzione. L'articolo 16, comma 3, del Dlgs 18 dicembre 1997, n. 472, stabilisce che il contribuente può "definire", cioè "chiudere", anche soltanto le sanzioni, pagandone un terzo di quelle inflitte (nel 2009 bastava pagarne un quarto), purché ciò avvenga «entro il termine previsto per la proposizione del ricorso». Tale modalità di estinzione della sanzione non pregiudica il diritto del contribuente di opporsi alle imposte accertate. Il ricorso, in questo caso, non investe più "tutto" l'accertamento (imposte e sanzioni), ma solo una parte (le imposte), in quanto le sanzioni sono già state "chiuse", "conciliate".
In mancanza della conciliazione, il lettore avrebbe avuto, ora, due buoni motivi per non dovere le sanzioni. Il primo è che, nel 2011, si è avvalso della definizione agevolata della lite pendente (articolo 39, comma 12, del Dl 6 luglio 2011, n. 98), e questa definizione già comportava l'abbuono delle sanzioni eventualmente ancora dovute (cioè, se non già "conciliate"). Il secondo è che il giudice tributario ha accolto integralmente il ricorso.<QA0>
Il punto è che, avendo pagato entro il termine per ricorrere, vale a dire nel 2009, un quarto delle sanzioni, il rapporto sulle sanzioni si era già definito prima dell'adesione al "minicondono" del 2011, e prima della sentenza d'accoglimento del ricorso. Ne consegue che l'adesione al minicondono e la sentenza d'annullamento dell'accertamento sono ininfluenti in vista del "se" sia dovuta la sanzione, e del suo "quanto". Per questo non si intravvede alcun fondamento nella domanda di restituzione.
Qualche chiarimento sembra utile anche per quanto riguarda la motivazione del diniego di rimborso, individuata dall'ufficio nel mancato completamento della procedura di ricorso: il che sembra un evidente riferimento all'appellabilità (a quell'epoca) della sentenza di primo grado. Ma se è vero che il lettore ha aderito al minicondono, la sentenza di primo grado è stata completamente "inutile" (ossia, nulla). La sentenza "di merito" non era, quindi, appellabile "nel merito", ma lo era solo per far rilevare che il rapporto tributario si era definito nelle more tra l'udienza di trattazione del ricorso ed il deposito della sentenza stessa. La motivazione del diniego è stata quindi fuorviante per il contribuente, il quale ora si lamenta, comprensibilmente, di un rapporto non corretto, cioè non chiaro.
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