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Neutralità Iva: il diritto alla detrazione può essere negato solo in caso di frode o abuso

Secondo la Corte Ue (sentenza causa C-227/21 del 15 settembre 2022) in tali casi il cessionario non può detrarre l’imposta addebitata in via di rivalsa dal cedente, che non l’ha versata all’Erario

di Giorgio Emanuele Degani

La Corte di Giustizia dell’Unione europea, con la sentenza resa nella causa C-227/21 del 15 settembre 2022, ha affermato che il principio di neutralità dell’Iva consente al cessionario di detrarre l’imposta addebitata in via di rivalsa dal cedente anche se quest’ultimo non l’ha versata all’Erario, salvo i casi di frode o di abuso. Il principio di neutralità, infatti, è un elemento essenziale dell’Iva, generalmente riconosciuto dagli Stati membri (sentenza C-111/92, 2 agosto 1993), che consente di limitare il diritto alla detrazione dell’imposta unicamente in presenza di una comprovata frode o abuso.

Il caso sotto la lente

L’amministrazione finanziaria lituana aveva disconosciuto il diritto alla detrazione dell’Iva operata in sede di acquisto di un bene immobile soggetto a una procedura esecutiva, sul presupposto che il cessionario sapeva o dovesse sapere che il cedente non aveva versato le imposte all’Erario, essendo sottoposto a una procedura di risanamento aziendale dovuta al proprio stato di insolvenza.

Il cessionario aveva opposto all’Erario la sussistenza delle condizioni di cui all’articolo 168, lettera a), della Direttiva 2006/112/Ce, per l’esercizio del diritto di detrazione, posto che l’immobile era stato acquistato e utilizzato nell’ambito dell’attività d’impresa del cessionario.

Secondo la Corte di Giustizia, il diritto dei soggetti passivi di detrarre dall’Iva di cui sono debitori l’imposta dovuta o versata a monte per i beni acquistati e per i servizi loro prestati, costituisce un principio fondamentale del sistema comune dell’Iva.

Il meccanismo delle detrazioni di cui al citato articolo 168 è inteso a esonerare interamente l’imprenditore dall’Iva dovuta o assolta nell’ambito di tutte le sue attività economiche. Da ciò consegue che la neutralità si estende a tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di tali attività, purché queste siano, in linea di principio, di per sé soggette all’Iva.

Come ripetutamente sottolineato dalla Corte, il diritto a detrazione previsto dagli articoli 167 e seguenti della direttiva 2006/112/Ce costituisce parte integrante del meccanismo dell’Iva e, in linea di principio, non può essere soggetto a limitazioni.

Sul punto, ai fini della detrazione è irrilevante che il fornitore abbia versato o meno l’Iva dovuta su operazioni di vendita all’Erario: infatti, subordinare il diritto a detrazione dell’Iva all’effettivo previo pagamento della stessa Iva da parte del fornitore di beni comporterebbe che il soggetto passivo sarebbe soggetto a un’imposizione economica cui non è tenuto e che il sistema delle detrazioni mira appunto a evitare.

Questo meccanismo, però, può essere mitigato nelle ipotesi di frodi Iva o abuso del diritto: la detrazione potrà essere negata ove sia dimostrato, alla luce di elementi oggettivi, che il cessionario sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si iscriveva in una frode.

Le responsabilità del cessionario

Nel caso di specie, la conoscenza dell’acquirente delle difficoltà finanziarie del venditore, della sua potenziale insolvenza o dell’avvio di una procedura concorsuale, con conseguente impatto sul versamento all’Erario dell’Iva relativa all’operazione, non dimostra in alcun modo il carattere abusivo dell’operazione. Sicché non sussistono elementi oggettivi per negare il diritto alla detrazione.

L’amministrazione finanziaria, pertanto, non può ritenere che – nell’ambito della vendita di un bene immobile tra soggetti passivi a seguito di una vendita giudiziale al pubblico incanto disciplinata dalla legge – il mero fatto che l’acquirente sapeva o avrebbe dovuto sapere che il venditore si trovava in difficoltà finanziarie, e che perciò avrebbe potuto non versare l’Iva all’Erario, implichi che l’acquirente stesso abbia commesso un abuso di diritto, e così negargli il diritto di detrarre l’Iva assolta a monte.

La sentenza appare essere pienamente condivisibile, anche alla luce dell’evoluzione giurisprudenziale in tema di frodi Iva: non vi può essere alcuna responsabilità oggettiva in capo al cessionario per l’Iva non assolta dal cedente, posto che, senza elementi certi del coinvolgimento nella frode, il rischio dell’omesso versamento da parte del fornitore grava unicamente sull’Erario.