Imposte

Niente Imu sulla scuola paritaria se le rette sono simboliche e non coprono tutti i costi

La pronuncia della Ctr Friuli Venezia Giulia esonera l’istituto perché lo svolgimento di attività didattiche è effettuato con modalità con commerciali

di Giuseppe Debenedetto

È esente dall’Imu l’immobile dell’istituto religioso destinato a scuola dell’infanzia paritaria se vi è mancanza di discriminazione in fase di accesso degli alunni alla scuola e se la richiesta di rette simboliche è tale da coprire solo una parte del costo effettivo. Lo ha affermato dalla Ctr del Friuli Venezia Giulia con la sentenza 199/1/2022 che accoglie il ricorso dell’istituto religioso e annulla un avviso di accertamento di circa 15mila euro relativo agli anni 2010 e 2011.

Il giudizio in primo grado

In primo grado i giudici tributari avevano respinto il ricorso dell’istituto ritenendo che il pagamento di rette fosse rivelatrice dell’esercizio di attività con modalità commerciali, potendo escludersi il carattere imprenditoriale solo quando l’attività fosse stata svolta in modo del tutto gratuito.

La decisione d’appello

Tuttavia i giudici di secondo grado accolgono l’appello dell’istituto religioso, evidenziando preliminarmente che nel caso di specie l’attività didattica era finanziata dal Comune, dalla Regione e dal Miur e che le rette pagate dagli alunni erano simboliche. Rette che peraltro costituivano un contributo alle spese non solo didattiche ma anche di refezione scolastica (e quindi incidenti per una parte non indifferente sulla gestione). Si tratta pertanto di rette simboliche in quanto non coprenti, unitamente alle sovvenzioni pubbliche, i costi effettivi di gestione, considerato peraltro che l’attività era in perdita nonostante le sovvenzioni statali e il contributo spese costituito dalle rette.

La natura dell’istituto

Ebbene, per la Ctr la circostanza che l’istituto religioso non ha natura societaria né commerciale, la gestione in perdita, la circostanza che l’immobile è di fatto adibito principalmente a residenza delle religiose ed ad attività di culto, la mancanza di discriminazione di qualsiasi tipo nell’accesso alla scuola da parte degli alunni, la richiesta di rette simboliche in relazione al complessivo servizio prestato (soprattutto la refezione scolastica) tali da coprire solo una parte del costo effettivo, evidenziano che l’attività di esercizio della scuola materna parificata aveva finalità di adempimento di scopi sociali e che quindi le modalità di esercizio di tale attività erano non commerciali e come tali ricadenti nell’esenzione prevista per legge.

L’estensione all’Imu

Va rilevato che il caso in questione riguarda le annualità Ici 2010 e 2011 (disciplinate dall’articolo 7 comma 1 lettera i, del Dlgs 504/92, cioè prima delle integrazioni apportate dall’articolo 91-bis del Dl 1/2012 e dal Dm 200/2012). In particolare l’articolo 4 comma 3 del Dm 200/2012 prescrive ulteriori requisiti di settore prevedendo che lo svolgimento di attività didattiche si ritiene effettuato con modalità non commerciali se l’attività è paritaria rispetto a quella statale e la scuola garantisce la non discriminazione in fase di accettazione degli alunni, se sono comunque osservati gli obblighi di accoglienza di alunni portatori di handicap, se l’attività è svolta a titolo gratuito ovvero dietro versamento di corrispettivi di importo simbolico e tali da coprire solamente una frazione del costo effettivo del servizio.

La Ctr Friuli Venezia Giulia si è sostanzialmente attenuta a questi requisiti, pur non richiamando il Dm 200/2012 (in quanto successivo alle annualità in contenzioso), per cui la pronuncia appare estensibile all’Imu.

Il parametro del «costo medio»

Occorrerebbe solo capire come la giurisprudenza valuterà il parametro del «costo medio» per studente, introdotto dal Dm del 26 giugno 2014 (che ha approvato il modello di dichiarazione per gli Enc) ma non presente nel Dm 200/2012 e peraltro contrario alle indicazioni della Commissione Ue secondo cui le entrate devono coprire al massimo una frazione di costo.

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