Niente Imu solo all’«ex» affidatario
La risposta è stata data dal dipartimento delle Finanze (Mef) durante Telefisco 2020
La legge di Bilancio 2020 ha istituito la nuova Imu, prevedendo tra l'altro l'assimilazione all'abitazione principale della casa familiare «assegnata al genitore affidatario dei figli, a seguito di provvedimento del giudice che costituisce altresì, ai soli fini dell'applicazione dell'imposta, il diritto di abitazione in capo al genitore affidatario stesso». Al riguardo, si chiede di sapere:
a) se, in assenza di figli, l'assegnazione della casa familiare da parte del giudice modifichi comunque la soggettività passiva, attribuendola all'assegnatario, oppure se trovano applicazione le regole ordinarie;
b) se la disciplina in esame trova applicazione anche nel caso in cui venga assegnata una abitazione diversa da quella già adibita a dimora familiare, scelta ad esempio tra quelle in proprietà di uno dei coniugi.
In merito alla domanda a), si precisa che dal chiaro tenore letterale della disposizione di cui al comma 741 dell'articolo 1, alla lettera c), delle legge di Bilancio 2020, emerge che l'assimilazione all'abitazione principale e quindi il regime di esenzione dall'Imu riguarda esclusivamente il caso di assegnazione della casa familiare «al genitore affidatario dei figli, a seguito di provvedimento del giudice», circostanza che comporta altresì la costituzione, ai soli fini dell'applicazione dell'imposta, del diritto di abitazione in capo al genitore affidatario stesso. Al di fuori di tale previsione normativa, di carattere peraltro agevolativo, non suscettibile quindi di interpretazione estensiva, trovano applicazione le regole ordinarie che disciplinano il tributo.
A tale proposito si deve anche evidenziare che in caso di separazione senza figli o con figli maggiorenni e autosufficienti la giurisprudenza prevalente ritiene che nell'ipotesi di casa coniugale di proprietà di un solo coniuge, questa non può essere assegnata all'altro come contributo al mantenimento in quanto coniuge più debole, in sostituzione dell'assegno di mantenimento, non avendo una funzione assistenziale (Corte di cassazione 22 marzo 2007 n. 6979).
Passando alla domanda b), occorre evidenziare che il Legislatore nella norma in commento si è riferito espressamente alla «casa familiare», identificabile, secondo l'orientamento della Corte di cassazione nell'ordinanza n. 3302 del 12 febbraio 2018, esclusivamente «nell'ambiente domestico» in cui sono cresciuti i figli (Corte cassazione, sezione 1, sentenza n. 1545 del 26/01/2006; id. sezione 1, sentenza n. 16398 del 24/07/2007; id. sezione 1, sentenza n. 1491 del 21/01/2011; id. sezione 1, sentenza n. 9079 del 20/04/2011; id. sezione 6 - 1, ordinanza n. 19347 del 29/09/2016) e quindi nel «luogo degli affetti, degli interessi, e delle abitudini in cui si esprime la vita familiare e si svolge la continuità delle relazioni domestiche, centro di aggregazione e di unificazione dei componenti del nucleo, complesso di beni funzionalmente organizzati per assicurare l'esistenza della comunità familiare» (cfr. Corte cassazione, Sezioni unite n. 13603/2004 cit.).
In ogni caso occorre evidenziare che l'individuazione della «casa familiare» viene effettuata dal giudice con proprio provvedimento il quale non può essere suscettibile di valutazione da parte del Comune in un proprio provvedimento.
La risposta è stata data dal dipartimento delle Finanze del ministero dell'Economia al quesito proposto dagli esperti e dai lettori del Sole 24 Ore nel corso di Telefisco 2020. Per maggiori informazioni www.telefisco.ilsole24ore.com
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