Niente ruolo per il reddito estero già tassato ma dichiarato per errore
Stop all’iscrizione a ruolo e alla derivata cartella contenente il reddito estero dichiarato per mero errore dal contribuente. Intanto il contribuente non voleva evadere alcun reddito estero se lo stesso è stato indicato in dichiarazione. Poi, comunque, la pretesa è infondata atteso che il contribuente ha provato che il reddito estero è stato già sottoposto a tassazione. Così ha deciso la Ctr Piemonte, sentenza 1376/1/18 , Presidente Garino, relatore Menghini).
La decisione
Da un lato vero è che il contribuente ha indicato al rigo RC2 del Modello Unico PF il reddito estero di lavoro dipendente. Ma ciò non giustifica la pretesa fiscale dato che il contribuente ha dimostrato:
a) di aver percepito reddito estero già sottoposto a tassazione;
b) che tale tipologia di reddito gli imponeva di aver la residenza nello stato estero;
c) aver chiesto e ottenuto, seppur tardivamente, l’iscrizione all’Aire.
A maggior ragione, l’operato del fisco è errato se non prova che il contribuente è stato residente in Italia per un periodo superiore a 183 giorni, non potendo basare tale presunzione solo sulla circostanza che il contribuente abbai continuato a presentare le dichiarazioni fiscali in Italia, senza compilare il quadro relativo alla residenza estera.
La vicenda
Un contribuente dal 2008 è lavoratore dipendente di un’azienda francese. Nel 2012 il contribuente comunica al Consolato Italiano la propria residenza francese e ottiene iscrizione all’Aire nel 2011, indica, nel modello Unico PF 2013 al rigo RC2, reddito estero per oltre 23mila euro, ma non indica nella dichiarazione la residenza estera. Ma l’Agenzia nel controllare l’Unico ritiene che le somme non sono state assoggettate a tassazione in Italia ed iscrive a ruolo una maggiore Irpef per oltre 15mila euro, notificato tramite il Concessionario con cartella nel dicembre 2015.
Il contribuente si oppone alla pretesa con ricorso in Ctp. Il reddito estero è stato indicato per errore in dichiarazione e comunque risulta già assoggettato a tassazione in Francia come risulta da idonea documentazione. La Ctp dà ragione al contribuente con sentenza depositata nel febbraio 2017, sentenza però appellata dall’erario con impugnazione depositata nell’ottobre 2017.
Le considerazioni
La “ottusità” del controllo 36-bis. Il controllo formale della dichiarazione dei redditi è “strozzato”, perché si limita al solo controllo aritmetico (errori di calcolo, omessa indicazione di quanto pagato, eccetera) senza avere una visione d’insieme con eventuali altri dati che rappresentano il presupposto per il controllo formale, come il possesso di un reddito conseguito all’estero. È vero che il contribuente ha omesso l’indicazione della residenza estera, ma è anche vero che l’Amministrazione avrebbe potuto domandarsi se, e per quali motivi, è presente un reddito estero.
Il difficile “spartiacque” dell’utilizzo del controllo formale. Indipendentemente dal fatto che il contribuente non abbia indicato il domicilio estero, e che non doveva indicare tale reddito visto la Convenzione Italia-Francia, l’Amministrazione avrebbe dovuto recuperare la maggior imposta non tramite il ruolo, bensì tramite un avviso di accertamento, unico strumento che avrebbe potuto contestare al contribuente di essere stato residente in Italia l’intero anno. Condizione necessaria, ma non sufficiente, per il recupero. Ma ciò non è avvenuto.
Ctr Piemonte, sentenza 1376/1/18