Imposte

Niente scuse (nuove) per l’annualità 2019

Interpello disapplicativo per disinnescare il regime di comodo

di Giorgio Gavelli

Situazione 2019 da verificare con le regole tradizionali, anche se si apre uno spiraglio per le società che hanno concesso l’azienda in affitto.

È questo lo “stato dell’arte” per la compilazione della prossima dichiarazione reddituale con riferimento alle società non operative. Infatti, la drammatica situazione del 2020 non può costituire una giustificazione sul mancato raggiungimento dei parametri per il 2019 (si veda l’articolo a fianco). E questo né per le società non operative a causa degli scarsi ricavi né, tanto meno, per quelle divenute “di comodo” a causa delle perdite reiterate.

Le vie d’uscita sono, quindi, le solite, ossia, nell’ordine:

1. l’individuazione di una causa di esclusione della disciplina (tra quelle indicate all’articolo 30 della legge istitutiva);

2.la possibilità di invocare una causa di disapplicazione (a seconda dei casi nell’ambito del provvedimento del 14 febbraio 2008 o di quello datato 11 giugno 2012);

3. la presenza di una oggettiva situazione di non applicabilità, meglio se avvalorata da una risposta positiva a un’istanza di interpello (peraltro non obbligatoria).

Interpelli e sospensione

L’esito di tali istanze sarà quest’anno meno tempestivo del solito, per via della sospensione prevista dall’articolo 67 del Dl 18/2020 e commentata dalla circolare 4/E/2020 (si veda Il Sole-24 Ore del 20 e del 22 marzo scorso).

In pratica, i giorni dall’8 marzo al 31 maggio non si computano per le istanze già presentate prima dell’intervallo, e, per quelle trasmesse (rigorosamente via Pec) in tale periodo, il computo dei termini inizia a decorrere dal 1° giugno. È, quindi, molto facile che, in assenza di proroghe che interessino anche i versamenti a saldo 2019, le scelte andranno fatte senza conoscere il responso dell’amministrazione sulle istanze presentate.

Spiragli per le società che hanno dato in affitto l’azienda

Quest’anno, tuttavia, le società che hanno concesso in affitto l’azienda precedentemente condotta in proprio, e che non superano i parametri di non operatività, possono far rientrare nel processo decisionale ai fini di questa disciplina la sentenza 6029/2020 della Corte di cassazione, depositata lo scorso 4 marzo. L’aver concesso in affitto l’unica azienda, infatti, se ai fini Isa (come già per gli studi di settore) costituisce automaticamente «periodo di non normale svolgimento», non rappresenta una giustificazione sufficiente per lo status di non operatività.

Come accade spesso, il contenzioso era sorto in quanto l’Agenzia non aveva riconosciuto alcuna situazione oggettiva tale da bloccare le conseguenze della non operatività. Gli uffici spesso richiamano negli atti di causa la giurisprudenza della Cassazione favorevole al Fisco (ad esempio, pronunce 8218/2017, 13699/2016 e 21358/2015) ma in quest’ultima sentenza la Suprema corte valorizza sia la terzietà della società affittuaria (non collegata in alcun modo alla concedente o ai suoi soci), sia la dimostrazione, fornita dalla ricorrente, in merito alla comparabilità tra il canone di affitto percepito e i canoni di fitto di aziende similari ricadenti nella stessa zona.

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