Diritto

No alla misura cautelare se il manager è stato sospeso

Accolta la tesi della difesa sull’attualità del pericolo di reiterazione del reato. Pesa l’interruzione del rapporto di lavoro con la società che avrebbe beneficiato della corruzione

di Giovanni Negri

Non può essere inflitta una misura cautelare al manager se già è stato sospeso dalla società. Lo afferma la Cassazione con la sentenza 44003/2022 della Sesta sezione penale depositata il 18 novembre. La Suprema Corte ha così accolto il ricorso della difesa dell’amministratore di una Società a responsabilità limitata, indagato per i reati di turbativa d’asta e corruzione .

Tra i motivi di ricorso, oltre alla messa in evidenza dei risultati dell’attività di intercettazione, che nulla di rilevante aveva segnalato, contro la misura dell’obbligo di dimora, la difesa aveva valorizzato in particolare la sospensione dal lavoro decisa dall’ente nei confronti del manager.

Provvedimento con il quale sarebbe venuta meno, argomentava la difesa, la concretezza e l’attualità del pericolo di recidiva.

Una linea che ha fatto breccia in Cassazione, dove si ricorda che, in materia di misure cautelari, il pericolo di reiterazione del reato deve essere non solo concreto, fondato cioè su elementi reali e non ipotetici, ma anche attuale, «nel senso che possa formularsi un prognosi in ordine alla continuità del periculum libertatis nella sua dimensione temporale, fondata sia sulla personalità dell’accusato, desumibile anche dalle modalità del fatto per cui si procede, sia sull’esame delle sue concrete condizioni professionali, lavorative e di vita».

Una valutazione che non richiede affatto, chiarisce la Suprema corte, la previsione di una specifica occasione per delinquere, ma che va condotta sulla base di una analisi accurata della fattispecie concreta, con attenzione alle modalità della condotta e alla personalità della persona interessata.

In questa prospettiva, l’ordinanza oggetto dell’impugnazione aveva trascurato, nel giudizio della Corte di legittimità, di dare il giusto peso alla sospensione del rapporto di lavoro subordinato con la società che avrebbe invece beneficato del reato, dando invece particolare rilevanza a elementi di natura solo congetturale, come la presenza di non meglio precisati contatti collusivi che il manager avrebbe maturato nel settore degli appalti pubblici come dipendente di una società multinazionale . A non essere state specificate, avverte la Corte di Cassazione, sono così le ragioni per le quali sarebbe in concreto evidente la probabilità di reiterazione delle condotte illecite.

Il tutto senza prendere in adeguata considerazione le condizioni dell’amministratore che, al momento, dei fatti contestati risultava anche incensurato.

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