No al raddoppio se sul credito c’è inutilizzabilità temporanea
Secondo la decisione 12205/25/2017 della Ctp Napoli (presidente Fragomeno, relatore Starita), un credito Iva certo nella sua esistenza ma temporaneamente non utilizzabile, non può essere qualificato «inesistente» ma solo «non spettante», con la conseguenza che i termini di accertamento rimangono quelli ordinari e non salgono a otto anni, come previsto dall’articolo 27, comma 16, del Dl 185/08. Quest’ultima disposizione – tuttora in vigore anche dopo le modifiche che hanno interessato l’articolo 43 del Dpr 600/73 e l’articolo 57 del decreto Iva – si occupa dell’atto di recupero emesso in seguito al controllo degli importi a credito indicati nei modelli di pagamento unificato per la riscossione di crediti inesistenti utilizzati in compensazione orizzontale: in particolare, la norma stabilisce che quest’ atto va notificato, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo.
La dichiarazione Iva
Nel caso concreto, l’impresa ricorrente aveva utilizzato nel 2011 in compensazione orizzontale crediti Iva emergenti dalla dichiarazione annuale 2010 prima della presentazione della dichiarazione stessa, per un importo superiore alla soglia allora prevista di 10mila euro, attualmente pari a 5mila euro. Secondo l’Agenzia, il contribuente aveva così violato la previsione dell’articolo 27, comma 16, sopra ricordata: perciò l’avviso di recupero notificato nel 2016, entro il termine di otto anni, era legittimo (di diverso avviso Ctp Reggio Emilia, decisione 140/2/2017, secondo cui si tratterebbe di violazione meramente formale).
Secondo la Ctp Napoli, il raddoppio dei termini è ancorato all’inesistenza del credito, mentre non può essere invocato in caso di non spettanza del medesimo (in termini: Ctr Sicilia, decisione 4468/25/2015).
Gli importi «non spettanti»
Per distinguere tra queste due situazioni, la Commissione richiama alcune pronunce della Suprema corte, tra cui la 36393/2015. In essa la Cassazione afferma che: «mentre il concetto di credito inesistente è di facile ed intuibile identificazione (essendo chiaramente tale il credito del quale non sussistono gli elementi costituitivi e giustificativi), la nozione di credito non spettante, non può essere ricondotta al concetto di mera non spettanza soggettiva … ovvero alla pendenza di una condizione al cui avveramento sia subordinata l’esistenza del credito». Da qui si ricava una interpretazione estensiva del concetto di non spettanza, che riguarda tutti i crediti che, pur esistenti, non sono esigibili e quindi utilizzabili sin da subito in compensazione; sempre secondo le parole della Corte (3367/2015) si tratta del credito che «pur certo nella sua esistenza ed ammontare sia, per qualsiasi ragione normativa, ancora non utilizzabile (ovvero non più utilizzabile)».
A seguito della riforma operata anche in sede penal-tributaria dal Dlgs 158/2015, attualmente è definito credito inesistente quello «in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controlli» automatizzati (articolo 13, comma 5, Dlgs 471/1997).
Ctp Napoli, decisione 12205/25/2017