Controlli e liti

No alla rimessione dei termini nel giudizio di rinvio dalla Cassazione

immagine non disponibile

di Ferruccio Bogetti e Gianni Rota


Non causa l’interruzione del processo tributario la morte del difensore che ha assistito il contribuente nel giudizio di legittimità in pendenza dei termini per la riassunzione ante il giudice di merito. Intanto la riassunzione deve sempre avvenire entro il termine perentorio di legge, normalmente ampio, in grado di non pregiudicare il diritto di difesa e di consentire alle parti di attivarsi per tempo. Poi la rimessione in termini, ammessa in caso di causa non imputabile alla parte, è applicabile nel rito tributario solo a patto che il processo non sia stato già definito con sentenza passata in giudicato. Così la Cassazione, sezione quinta civile, con la sentenza 4242/2017 depositata ieri.

A una società, sulla scorta delle risultanze di una verifica che accerta l’indebita detrazione di Iva per utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, l’allora Direzione generale tasse e imposte sugli affari del ministero delle Finanze notifica per il 1998 un avviso di rettifica ai fini Iva.

Il primo giudizio di legittimità
La società ricorre. Mentre il giudizio di merito di entrambi i gradi è favorevole alla società, il giudizio di legittimità accoglie il ricorso proposto dall’Amministrazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Ctr.
Nel frattempo il 13 luglio del 2008, in pendenza del termine annuale per la riassunzione, muore il difensore che rappresentava il contribuente ante la Cassazione.
Il giudice del rinvio constata però la mancata riassunzione nei termini vigenti ratione temporis ossia entro un anno dalla data del deposito della sentenza di legittimità e quindi estingue il processo con sentenza depositata il 31 dicembre 2009.

Il giudizio di riassunzione
Ma la società contribuente in data 16 luglio 2010 si rivolge al suo studio professionale per avere notizie della causa e soltanto allora apprende della morte del difensore e ciò nonostante decide così il 23 settembre 2010 di depositare, se pur tardivamente, il ricorso in appello per riassunzione, quando ciò avrebbe dovuto avvenire al più tardi entro un anno decorrente dal 13 luglio 2008 (non si conosce la data di deposito della sentenza del primo giudizio, ndr).

L’Amministrazione resiste. In via pregiudiziale, contesta l’inammissibilità del ricorso in appello per riassunzione per tardività in quanto, a suo dire, il termine annuale per la riassunzione non è suscettibile di interruzione. Nel merito, poi, chiede il rigetto del ricorso in appello per riassunzione, in quanto il ricupero dell’Iva è fondato, poiché è stata provata la fittizietà delle operazioni che hanno consentito la detrazione.
La Ctr nel giudizio di rinvio accetta il ricorso per riassunzione in quanto l’inosservanza del termine è legata ad una causa non imputabile alla parte e nel merito, respinge il ricorso in appello per omesso compiuto assolvimento dell’onere probatorio.

Il secondo giudizio di legittimità
L’Amministrazione ricorre allora nuovamente in Cassazione, dove la Corte cassa la sentenza impugnata, dichiara tardiva la riassunzione e per l’effetto, dichiara fondata la pretesa tributaria.
Ciò a seguito della mancata tempestiva riassunzione, perché la morte del difensore che ha rappresentato la parte nel giudizio di Cassazione, intervenuta dopo la pubblicazione della sentenza che cassa con rinvio la decisione impugnata.
1) Non determina l’interruzione del processo, che deve essere riassunto nel termine perentorio di legge, normalmente ampio così da consentire alle parti, senza pregiudizio del diritto di difesa, di attivarsi per tempo per informarsi e garantire la ragionevole durata del processo.
2) Non consente neppure la rimessione in termini, che pure ammessa nel rito tributario per cause non imputabili alla parte, richiede che il processo non sia stato già definito con sentenza passata in giudicato.

Cassazione, sentenza 4242/2017

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©