Controlli e liti

No al sequestro con sgravio di cartella

di Laura Ambrosi

Va revocato il sequestro preventivo se l'agenzia delle Entrate sgrava integralmente la cartella per la quale è pendente il giudizio in commissione tributaria ed anche se la relativa decisione non è definitiva. A confermare questo principio è la Corte di cassazione, terza sezione penale, con la sentenza n. 355 depositata ieri ( clicca qui per consultarla ).

Il Tribunale del riesame revocava l'ordinanza di sequestro preventivo eseguita per equivalente nei confronti del legale rappresentante di una società per il reato di omessa dichiarazione Iva. In particolare il giudice territoriale rilevava che l'Agenzia aveva sgravato integralmente la cartella di pagamento relativa all'avviso di accertamento emesso per l'anno di imposta oggetto di dichiarazione omessa. La pretesa era stata notificata ad una società estinta e, pertanto, secondo le regole tributarie, era di per sé illegittima.

Il Pm impugnava in Cassazione la decisione lamentando che il citato annullamento da parte dell'Ufficio erariale non incideva sul profitto confiscabile poiché conseguenza dell'applicazione di motivi di diritto validi solo ai fini tributari.

La Suprema corte, rigettando il ricorso, ha confermato l'orientamento sul punto. In caso di annullamento della cartella esattoriale da parte della commissione tributaria, con sentenza anche non definitiva e di relativo provvedimento di sgravio da parte dell'Ufficio non è possibile disporre o mantenere il sequestro funzionale alla confisca (tra le altre Cassazione 19994/2017 e 39187/2015).

Nella specie, peraltro, l'Agenzia, oltre ad aver sgravato la cartella, nemmeno aveva impugnato la sentenza della Ctr dinanzi alla Cassazione.

La decisione conferma così l'orientamento sulla valenza del debito risultante presso l'Agenzia delle Entrate.

Peraltro, in tale contesto, va segnalato che la Cassazione (32213/2018) aveva già precisato che nei delitti tributari il profitto del reato da sottoporre a misura cautelare è rappresentato da quanto preteso dalle Entrate.

Va da sé quindi che se l'indagato ha corrisposto quanto preteso negli atti tributari è irrilevante che l'imposta calcolata dal pm nel procedimento penale sia superiore.

Tali conclusioni non contrastano con cd “doppio binario”, poiché esso trova applicazione solo per la valutazione delle prove sull'illecito, ma non per la determinazione del profitto del reato.

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