Non bastano residenza e cittadinanza svizzera per «evitare» l’Irpef
Con la sentenza 13114/18 , la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso avverso una ordinanza con la quale, il Tribunale di Ferrara , adito in sede di riesame, aveva confermato il sequestro preventivo, nei confronti di un soggetto avente residenza anagrafica ma anche cittadinanza Svizzera, di somme di denaro per un importo corrispondente a quello dell’imposta Irpef evasa negli anni precedenti, con conseguente imputazione a carico del medesimo soggetto, del reato di omessa dichiarazione. In particolare, la Corte ha avallato il principio applicato dal Giudice del riesame, in base al quale l’iscrizione nell’anagrafe dei soggetti residenti in un altro Stato non è elemento determinante per escluderne la residenza fiscale in Italia allorché si tratti di soggetto che abbia nel territorio dello Stato il centro principale dei suoi interessi così come il fulcro della sua attività lavorativa. Secondo il Giudice di legittimità, la corretta esegesi dell’articolo 2, Tuir consente di enucleare tre diversi criteri alternativamente applicabili ai fini dell’assoggettabilità all’imposta Irpef:
• un criterio formale, costituito dall’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente
• due criteri cosiddetti fattuali costituiti dalla residenza o dal domicilio nel territorio dello Stato.
A questo punto, la Suprema Corte richiamandosi espressamente a un suo precedente orientamento ( Cassazione Civile, sezione 5, n.14434 del 25.06.2010) ha ribadito il principio di diritto per cui «l’iscrizione nell’anagrafe dei soggetti residenti in un altro Stato non è elemento determinante per escluderne la residenza fiscale in Italia allorché si tratti di soggetto che abbia nel territorio dello Stato la sua dimora abituale ovvero il proprio domicilio, inteso come sede principale dei propri affari ed interessi economici, così come delle proprie relazioni personali, dovendo il carattere soggettivo ed elettivo della scelta dell’interessato essere a tal fine contemperato con le esigente di tutela dell’affidamento dei terzi». Nel caso di specie, la Corte ha considerato come indici rivelatori del fatto che il ricorrente avesse il proprio domicilio in Italia, una serie di elementi, quali la circostanza che il suo studio di design si trovasse nel territorio dello Stato, la titolarità nel nostro Paese di plurimi conti correnti in proprio o tramite le società nelle quali era cointeressato, l’utilizzo frequente in territorio italiano di carte di credito e finanche il fatto di percorrere sovente la rete autostradale italiana.
Cassazione, III sezione penale, sentenza 13114 del 21 marzo 2018