Non operative, disapplicazione in salita per le società immobiliari

Nessuna via d’uscita automatica per il Covid dal regime delle società di comodo. L’impatto negativo in termini di gettito ha finora frenato una soluzione normativa. La risposta del ministero dell’Economia, letta dalla viceministra Laura Castelli (M5S), all’interrogazione Pd (primo firmatario Gian Mario Fragomeli) chiude ancora una volta le speranze su un ammorbidimento delle regole sulla non operatività in considerazione delle difficoltà economiche della pandemia. Un problema che, come sottolineano i deputati interroganti, sta emergendo nei gruppi («spesso formati da imprese di piccole e medie dimensioni») in cui le società operative svolgono l’attività negli immobili presi in locazione da un soggetto dello stesso gruppo. E, a fronte della riduzione dei canoni chiesta per la pandemia, le società titolari degli immobili rischiano trovarsi penalizzate con addizionale Ires del 10,5% e limitazioni all’utilizzo di crediti Iva e perdite fiscali di esercizi precedenti.

La risposta all’interrogazione ricorda che «il tema della sterilizzazione in via automatica delle disposizioni dettate per le società di comodo e in perdita sistematica in ragione degli effetti connessi all’emergenza epidemiologica (tali da ritenere sussistenti condizioni straordinarie di svolgimento dell’attività economica) è stato oggetto di una proposta di modifica normativa, non approvata, anche in considerazione dei negativi effetti di gettito alla stessa ascritti dalla Ragioneria generale ».

L’unica strada indicata dalla risposta è l’interpello disapplicativo: «È prassi consolidata dell’Agenzia valutare, a favore dell’istante che sia una società immobiliare, la circostanza per cui i canoni di locazione praticati, seppur non sufficienti al superamento del test di operatività, siano in linea con quelli di mercato». Per determinare i valori di mercato si potrà far riferimento ai valori Omi.