Non si deve aver paura del contraddittorio
La Ctp di Genova ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 5 Tuir con riguardo all’imputazione per trasparenza al socio (accomandante nella specie) dei redditi accertati in capo alla società, indipendentemente dalla percezione, per violazione degli articoli 3, 24, 53 e 113 Costituzione (ordinanza 16 gennaio 2019, in Gazzetta ufficiale 40/19). L’ordinanza ha il pregio di favorire una riflessione sul tema: il vero problema è la necessità dell’integrazione del contraddittorio verso società e socio in sede di verifica e accertamento. Tale integrità, idonea a garantire la futura tenuta esecutiva dell’atto, non può essere rinviata alla sola notifica dell’avviso a società e soci. Deve sussistere, sin dall’inizio del procedimento, quando la verifica parte. Gli esiti di incostituzionalità evocati non appaiono fondati atteso che il giudice tributario deve, anzitutto, verificare la percorribilità di un’interpretazione costituzionalmente orientata delle norme. Infatti la tassazione per trasparenza non può essere disancorata dalla nozione di possesso di reddito (articolo 1 Tuir). Va chiarito che il nesso di imputazione presuntiva non è indissolubile e ben può essere interrotto dal socio sul piano probatorio. In presenza di evidenze contrarie, è doveroso per il giudice tributario recidere quella presuntiva imputazione del reddito societario, pro quota, in capo al socio di società di persone, a maggior ragione se estraneo alla gestione della società, come accade all’accomandante. Se così non fosse, gli esiti sarebbero palesemente irragionevoli.
La stessa fattispecie concreta è unica e inscindibile. Essa viene veicolata dall’atto di accertamento unitario che interessa società di persone e soci. Tra debito della società e debito del socio esiste un nesso di pregiudizialità-dipendenza. Ma sul piano logico-sostanziale, nell’imputazione per trasparenza le fattispecie normativamente definite passano attraverso la sfera giuridica dell’ente collettivo per riferirsi all’individuo-socio. Quindi, il rapporto tributario principale (della società) e il rapporto dipendente (del socio), non possono venire in contatto solo in sede processuale. Quest’ottica non è tollerabile dal punto di vista della tutela costituzionale del principio di capacità contributiva, quale effettiva manifestazione di ricchezza tassata in capo al socio. Ne deriva che l’unitarietà logico-sostanziale, che caratterizza la tassazione per trasparenza, già deve ricorrere nel procedimento di accertamento, imponendo l’obbligo della notifica a tutti i debitori interessati (società e soci) non solo dell’atto di accertamento unitario, ma anche del prodromico invito al contraddittorio che precede l’avviso di accertamento unitario verso società e soci. Frammentare o non integrare l’attività di verifica, controllo e accertamento porta all’illegittimità dell’avviso, con l’aggravante di rendere precaria la sua esecutività, subito lesiva della sfera soggettiva del contribuente. Non può esserci accertamento senza contraddittorio, a maggior ragione nel caso di rapporti societari. L’unitarietà dell’accertamento risponde all’esigenza dell’attuazione dell’obbligazione tributaria. La giusta imposta si realizza con la partecipazione all’iter di accertamento, prima ancora che al processo, di tutti i soggetti interessati, società di persone e suoi soci.