Controlli e liti

Notaio responsabile per l’imposta di registro sugli atti «enunciati»

Per la Cassazione a Sezioni Unite è principale il prelievo applicato al finanziamento soci menzionato nel verbale della delibera dell’assemblea<br/>

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di Angelo Busani

Notai, commercialisti e avvocati in allarme per le ricadute della sentenza 14432 del 24 maggio 2023 delle Sezioni unite della Cassazione, secondo la quale è soggetto a imposta di registro (con aliquota del 3%) il contratto di finanziamento soci enunciato nel contesto di una deliberazione assembleare verbalizzata da un notaio, recante l’aumento del capitale sociale di una Spa o di una Srl (nonché, con aliquota dello 0,5%, la rinuncia del socio al credito derivante dal finanziamento concesso dal medesimo a favore della società partecipata).

L’allarme è dato dal fatto che si tratta di un’imposta che la Cassazione definisce di natura «principale», con la conseguenza che, del suo versamento, è responsabile in prima persona il notaio, al quale l’agenzia delle Entrate può direttamente rivolgersi, per ottenere il pagamento, nei 60 giorni successivi alla data di registrazione; ed è bene rammentare che, anche impugnando l’avviso di liquidazione, per nessuna ragione ci si può sottrarre a quest’obbligo di versamento, il cui inadempimento provocherebbe una rilevante sanzione.

La questione

Per comprendere la portata della sentenza occorre riflettere sul concetto di «enunciazione», il quale dovrebbe essere uno dei primi criteri da tener in considerazione quando chiunque (e, quindi, anche il commercialista o l’avvocato) scrive un contratto, e che invece è spesso del tutto ignorato nella prassi professionale quotidiana. La conseguenza naturale di questa sentenza è dunque quella di influire in modo rilevantissimo sulla tecnica redazionale degli atti che devono essere presentati per la registrazione.

Per enunciazione si intende il riferimento che un contratto (enunciante) effettua con riguardo a un altro contratto (enunciato). L’esempio classico è il contratto di finanziamento enunciato nel successivo contratto con il quale vengono concesse le garanzie (pegno, ipoteca, fideiussione) al soggetto finanziatore.

Ebbene, la legge di registro (articolo 22, Dpr 131/1986) dispone che se in un contratto soggetto a registrazione viene enunciato (e cioè menzionato) un altro contratto, stipulato tra le stesse parti contraenti, che non è stato registrato (indipendentemente dal fatto che fosse, o meno, soggetto a registrazione), allora la tassazione del contratto enunciante provoca anche la tassazione del contratto enunciato.

Fin qui, tutto pacifico. Il tema è che, da oltre dieci anni (e cioè dalla sentenza 15585/2010), la Cassazione afferma che il contratto di finanziamento soci enunciato in un verbale assembleare (frequentemente accade per le deliberazioni di ripianamento perdite, appunto azzerate mediante rinuncia dei soci al credito derivante da finanziamenti che essi hanno erogato alla loro società) è un caso di enunciazione. Si tratta di una tesi oggetto di notevoli contestazioni, specialmente perché il verbale assembleare non è un contratto e, quindi, non ha “parti”.

La decisione

La sentenza 14432/2023 (con l’autorevolezza di provenire dalle Sezioni unite) mette anzitutto un punto fermo su quest’ultimo tema: il concetto di “parti” deve essere interpretato non nel senso «contrattualistico» del termine, ma in senso «lato», con la conseguenza che anche il verbale assembleare ben si presta a essere considerato come un atto enunciante.

Inoltre, la Cassazione argomenta che se un notaio (autoliquidando la relativa imposta di registro) presenta alla registrazione un atto recante un’enunciazione senza sottoporla a tassazione, l’agenzia delle Entrate, in sede di controllo dell’autoliquidazione effettuata dal notaio, può notificare al professionista un avviso di liquidazione, relativo all’imposta dovuta con riferimento all’atto enunciato.

Si tratta infatti, secondo le Sezioni Unite, di un’imposta qualificabile come «principale», in quanto non è né suppletiva (vale a dire che non è pretesa a fronte di un errore di tassazione compiuto dall’Agenzia), né complementare. È, cioè, un’imposta che si rende dovuta in base a una semplice lettura dell’atto sottoposto a registrazione senza implicare, da parte dell’Agenzia, lo sviluppo di un ragionamento (in tal caso l’imposta sarebbe da qualificare appunto come complementare) finalizzato a interpretare l’atto presentato alla registrazione in un modo diverso da quello proposto dal notaio che ha effettuato l’autoliquidazione dell’imposta.

Le ricadute

La sentenza delle Sezioni Unite è destinata ad avere un impatto molto rilevante sulla redazione degli atti, perché, nella pratica, l’enunciazione in un atto di un altro atto ricorre con frequenza.

Accade, ad esempio, nel caso delle compravendite delle abitazioni: di norma vengono stipulati prima un contratto preliminare e poi un contratto definitivo, che spesso richiama il preliminare, non fosse altro perché è stata versata una caparra. E anche nel caso di contratto di finanziamento poi seguito da contratto di concessione di ipoteca a garanzia.

Sono tutte situazioni in cui i notai dovranno prestare attenzione all’imposta di registrazione del contratto enunciato, per evitare di essere chiamati a versarla direttamente. Ma anche gli altri professionisti, pur non potendo essere chiamati direttamente dall’Agenzia a versare imposte, dovrebbero prestare attenzione: la disattenzione nello scrivere un contratto può costare caro al loro cliente, il quale potrebbe avere fondate pretese risarcitorie.

Gli esempi


Il contratto preliminare enunciato nel definitivo
Tizio promette di vendere a Caio un appartamento per il prezzo di 500mila euro con caparra di 100mila euro. Il contratto preliminare non viene registrato. In sede di stipula del contratto definitivo, viene precisato che il saldo del prezzo è di 400mila euro, dato che è già stata pagata la caparra di 100mila euro.

La soluzione
Il prelievo viene applicato anche al preliminare. Quando si registra il contratto definitivo, l’Agenzia pretende la tassazione del preliminare: 200 euro più lo 0,5% sulla caparra, oltre alla sanzione per mancata registrazione.


La concessione di garanzia
Alfa Spa, socia di Beta Spa, eroga a Beta un finanziamento con un contratto non registrato. Delta Spa, interamente partecipata da Beta, concede ipoteca ad Alfa a garanzia del rimborso del prestito.

La soluzione
L’enunciazione del finanziamento nel contratto di concessione dell'ipoteca (al quale si applica l’imposta di registro con l'aliquota dello 0,5% e l'imposta ipotecaria con l'aliquota del 2%) comporta il pagamento dell'imposta di registro fissa di 200 euro se il finanziamento era fruttifero oppure con l'aliquota del 3% se il finanziamento era infruttifero.

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