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Note di accredito Iva, infruttuosità delle procedure esecutive in salita

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di Luca De Stefani

Ai fini dell’emissione di una nota di accredito con Iva per “infruttuosità della procedura” esecutiva individuale, richiesta dall’articolo 26, Dpr n. 633/1972, le posizioni dell’agenzia delle Entrate contenute nelle risposte n. 2/2019 e n. 64/2018 denotano una “disparità di trattamento” tra i soggetti privati, che sono tenuti a portare a termine la procedura esecutiva e i soggetti pubblici, che possono evitare di portarla a termine, o anche di iniziarla, potendo dimostrare l’insolvenza del debitore con mezzi diversi, quale ad esempio la richiesta a soggetti pubblici (come la Guardia di finanza), riguardo alla situazione patrimoniale del debitore (mezzi, peraltro, preclusi ai soggetti privati).

Sono queste le critiche di Assonime (contenute nella circolare n. 2 di ieri), alla risposta delle Entrate del 24 gennaio 2019, n. 2, a seguito proprio di un interpello presentato dall’associazione stessa (si veda il Quotidiano del fisco del 25 gennaio 2019).

L’agenzia
Nella risposta del 24 gennaio 2019, n. 2, l’agenzia delle Entrate ha sostenuto che l’infruttuosità della procedura esecutiva individuale, debba essere acclarata da un organo super partes, cioè dall’«ufficiale giudiziario» (attraverso il suo verbale) e/o dal «giudice dell’esecuzione», e non può essere rimessa all’arbitrio del creditore pignorante, il quale, ad esempio, potrebbe trovare economicamente non conveniente procedere con il deposito degli atti previsti nei termini di cui all’articolo 543, comma 4, codice di procedura civile, facendo così estinguere una procedura in tutto o in parte fruttuosa.

Assonime
Secondo Assonime, però, questa risposta non considera che in alcuni casi è impossibile documentare l’infruttuosità con un “verbale dell’ufficiale giudiziario” ovvero con un “atto del giudice dell’esecuzione”. Nei casi di pignoramento dei crediti del debitore verso terzi di cui all’articolo 543 del c.p.c., infatti, l’ufficiale giudiziario notifica l’atto di pignoramento al terzo debitore e successivamente consegna l’originale dell’atto al creditore pignorante, il quale entro 30 giorni deposita presso la cancelleria del tribunale la nota di iscrizione a ruolo. L’ufficiale giudiziario, quindi, non effettua alcun accertamento circa l’esistenza di beni o valori pignorabili e «non forma, di conseguenza, alcun verbale».

Le dichiarazioni dei terzi di esistenza o meno di beni o valori del debitore presso di loro vengono trasmesse direttamente al creditore e non all’ufficiale giudiziario. Se sono negative, la procedura esecutiva termina (decorsi 30 giorni dalla suddetta notifica dall’ufficiale giudiziario), senza che vi sia alcun provvedimento dell’ufficiale, né del giudice dell’esecuzione.

Per Assonime, quindi, non è condivisibile la posizione dell’agenzia delle Entrate, contenuta nella risposta n. 2/2019, in quanto nel suddetto caso la procedura si conclude senza che intervenga né un verbale dell’ufficiale giudiziario, né un atto del giudice, nonostante, sia incontestabile che la “procedura esecutiva individuale sia stata attivata e che la stessa abbia avuto un esito negativo”.

Ente pubblico nazionale

L’associazione, poi, ha sottolineato la disparità di trattamento di questa risposta n. 2/2019 rispetto a quella data dall’agenzia delle Entrate il 9 novembre 2018, n. 64, nella quale è stata data la possibilità a un «ente pubblico nazionale» di emettere una nota di accredito con Iva, nonostante non fosse «stata conclusa (né iniziata a quanto sembra) una procedura esecutiva». In questo caso, per le Entrate, sono bastate le indagini condotte dalla Guardia di finanza per accertare che il debitore si trovasse in una situazione di illiquidità finanziaria e incapienza finanziaria, non essendo intestatario di alcun bene. Quindi, l’eventuale proseguimento dell’azione esecutiva da parte della Pa avrebbe comportato solo un «inutile aggravio di costi».

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