Nulla la notifica dell’atto in «pdf»
La notifica di un atto impositivo non è valida se avviene tramite messaggio di Pec contenente il file dell’atto con estensione «pdf» anziché «p7m». Solo il formato p7m garantisce infatti l’integrità e l’immodificabilità del documento informatico e l’identificabilità del suo autore relativamente alla firma digitale. A fornire questo principio è la Ctp di Reggio Emilia con la sentenza n. 204 depositata il 31 luglio (presidente Montanari, relatore Nuccini). Una pronuncia importante e attuale sia perché è la prima volta che viene affrontata la questione dell’estensione del file che deve contenere l’atto impositivo, sia perché le cartelle, e nei prossimi mesi anche gli avvisi di accertamento, sono notificati via Pec.
Nella vicenda oggetto della sentenza, a una società erano notificate varie carelle di pagamento impugnate per differenti ragioni. Tra queste si evidenziava che alcune di esse erano state notificate via Pec. Tuttavia il messaggio di posta elettronica certificata conteneva il file con estensione «pdf» anziché «p7m» e ciò non garantiva l’immodificabilità e l’integrità del documento informatico.
Si ricorda a questo proposito che il file con estensione «p7m» è un file firmato digitalmente. La sua apertura consiste nella verifica della validità della firma e nella visualizzazione del documento ricorrendo a determinati software. In ogni momento è possibile estrarre tale documento originale per poterne visualizzare il contenuto. Per far questo è tuttavia necessario che sul computer, dal quale viene visualizzato, risulti installato l’apposito software per la verifica di file firmati digitalmente.
I giudici, sul punto, hanno condiviso la tesi difensiva. Secondo la Ctp infatti, il formato «p7m» garantisce l’integrità e l’immodificabilità del documento informatico ma anche – per quanto attiene la firma digitale – l’identificabilità del suo autore e conseguentemente la paternità dell’atto.
Al contrario con il semplice formato «pdf» non viene prodotto l’originale della cartella, ma solo una copia elettronica senza valore. Solo con l’estensione «p7m» del file notificato (estensione che rappresenta la busta crittografata contenente al suo interno il documento originale, l’evidenza informatica della firma e la chiave per la sua verifica) si può attestare la certificazione della firma stessa. In difetto la notificazione via Pec non è valida. Da qui l’annullamento delle cartelle impugnate con conferma invece delle cartelle notificate via posta.
Sempre in tema di utilizzo dei mezzi telematici nel processo tributario occorre poi segnalare la sentenza n. 47779/2017 della Ctp di Milano (presidente e relatore Mainini) nella quale viene ritenuta irrituale, e quindi come mai avvenuta, la costituzione in giudizio di Equitalia nel processo instaurato da un contribuente, in quanto eseguita telematicamente ma riferita a un ricorso notificato prima del 15 aprile 2017 data fissata per l’avvio del processo telematico in Lombardia. Nella specie il ricorrente aveva eccepito l’irritualità della costituzione telematica dell’agente della riscossione anche per gli effetti sul deposito degli atti e dei documenti.
La Ctp milanese ha condiviso la tesi difensiva ritenendo che l’utilizzo della procedura telematica nel processo tributario per la regione Lombardia in base al decreto del Direttore Finanze del 15 dicembre 2016 attiene agli atti processuali relativi ai ricorsi e appelli notificati a partire dal 15 aprile 2017. Nella specie si trattava di un ricorso notificato prima di tale data e quindi la procedura utilizzata ha comportato che la costituzione in giudizio da parte di Equitalia fosse equiparata a costituzione non sottoscritta, non potendosi applicare le regole della firma digitale. Ne è conseguito così che i documenti prodotti dall’Agente della riscossione sono risultati irrilevanti ai fini della decisione della Ctp.
I giudici e l’invio telematico