Adempimenti

Nuovo esterometro al via ma l’integrazione è un rebus

Restano fuori le operazioni documentate da bolletta doganale (export/import), comprese le cessioni a privati extraUe. C’è però il dubbio se valgano anche le bollette rilasciate da altri Stati membri

di Matteo Balzanelli e Massimo Sirri

Metter mano a software e gestionali non è mai cosa semplice. Farlo quando mancano chiare “istruzioni” può duplicare gli interventi (con conseguenti costi) e lascia nell’incertezza gli operatori. Il 1° luglio scatta l’obbligo dell’e-fattura per molti soggetti in regime forfettario, ma – soprattutto – va a regime il nuovo esterometro, con relativo carico di questioni sospese. Molto resta da chiarire e di ciò dovrà tenersi conto quando partiranno i controlli. Vediamo qualche punto (quasi) fermo.
Restano fuori dall’esterometro le operazioni documentate da bolletta doganale (export/import), comprese le cessioni a privati extraUe. C’è però il dubbio se valgano anche le bollette rilasciate da altri Stati membri (questi documenti rilevano per i servizi internazionali; circolare 37/E/2011), come nel caso del soggetto nazionale che immette in libera pratica beni di provenienza extraunionale in altro Stato membro (senza pagare l’Iva – regime 42), facendoli proseguire a destino del cliente in altro paese comunitario cui sono fatturati dalla posizione Iva aperta nel paese d’introduzione dei beni.
Altra questione su cui va fatta definitivamente chiarezza è quella dell’integrazione/autofatturazione elettronica per le operazioni passive. Un acquisto (beni/servizi) in reverse charge interno non obbliga all’integrazione elettronica via Sdi con tipo documento TD16. Si può stampare la fattura e integrarla manualmente.
Ma altrettanto legittimo è adottare lo stesso comportamento – integrazione/autofatturazione analogica – per un acquisto da fornitori non residenti. L’obbligo di utilizzare il formato Xml a fini esterometro, con relative tempistiche d’invio, per un acquisto da non residente (TD17, TD18, TD19) è tutt’altra questione, almeno fintanto che non cambieranno le norme. Su questo punto, le Entrate dovrebbero pronunciarsi presto, anche perché, a seconda che il documento sia elettronico o analogico, cambiano le regole di conservazione.
Al momento, va comunque rammentato che l’unico obbligo d’integrazione elettronica per assolvere l’imposta riguarda l’acquisto di beni da San Marino documentati da e-fattura sammarinese (articolo 8, Dm 21 giugno 2021) per il quale va inviato un TD19. Peraltro, continueranno ad arrivare fatture di carta da quello Stato. Per i servizi ad esempio (salvo diversa scelta del fornitore) o quando il fornitore è un forfettario sammarinese (ricavi inferiore a 100 mila euro). Allo stesso modo, i forfettari nazionali “sotto soglia” continueranno a essere esonerati dall’e-fattura (e conseguentemente dall’esterometro) per tutte le operazioni, comprese le cessioni a San Marino, fino a tutto il 2023.
Permane l’obbligo comunicativo per gli acquisti di beni/servizi all’estero fuori campo Iva (risposta 85/2019), per i quali va trasmesso il documento TD17 (servizi) e TD19 (beni) con natura dell’operazione N2.2 (il Dl Semplificazioni approvato dal Governo porta l’esonero per gli acquisti non superiori a 5mila euro).
Chi ha aderito al regime Oss non dovrebbe invece fare l’esterometro, a meno che non decida volontariamente di emettere fattura non imponibile Iva per beneficiare del plafond degli esportatori abituali o per accedere al rimborso trimestrale (risposta 802/2021). In tal caso, va fatto l’esterometro e la fattura sarà inviata con codice natura N3.2 (confluendo nella lipe e in dichiarazione annuale), mentre l’imposta estera potrà confluire in campi “non sensibili” del formato Xml. Non dovrebbe tuttavia essere impedito l’utilizzo del codice N7 (che parrebbe il più adeguato), ma verosimilmente solo se la fattura emessa facoltativamente non serve ai menzionati scopi (plafond/rimborso infrannuale).
Il codice N3.2 dovrebbe servire anche per le cessioni intraUe “assimilate” per invio di beni in altri Stati membri per esigenze dell’impresa. Qui, l’obbligo dell’e-fattura dovrebbe derivare dal fatto che il cessionario “assimilato” è pur sempre nazionale, benché dotato di partita Iva nel Paese Ue dove i beni sono trasferiti. Per la successiva “vera” vendita in loco (B2B) si potrebbe invece utilizzare fattura analogica con dicitura “inversione contabile” se in quello Stato è previsto il reverse charge (va però fatto l’esterometro).

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