Controlli e liti

Omessa o infedele dichiarazione, il socio unico risponde solo con la prova del concorso

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di Antonio Iorio

L’unico socio di una società non può rispondere dell’infedele o dell’omessa dichiarazione, salvo non sia provato il concorso con il legale rappresentante o l’amministratore di fatto. A precisarlo è la Cassazione, terza sezione penale, con la sentenza 40239/2018 depositata ieri ( clicca qui per consultarla ).
Nei confronti dell’unica socia di una società, il gip emetteva un decreto di sequestro finalizzato alla successiva confisca, perché la società da lei partecipata presentava una dichiarazione infedele per un anno di imposta e la ometteva nel successivo.

La misura cautelare veniva confermata anche dal Tribunale del Riesame e l’indagata ricorreva così in Cassazione eccependo che i reati di infedele ovvero di omessa dichiarazione possono essere commessi solo da chi ha la rappresentanza fiscale dell’ente.

La Suprema corte ha ritenuto fondata la tesi difensiva e ha accolto il ricorso. Gli articoli 4 e 5 del Dlgs 74/2000 puniscono chiunque presenti una dichiarazione infedele ovvero la ometta pur essendovi obbligato, stabilendo specifiche soglie di evasione per la rilevanza penale.
La norma fiscale (articolo 1, comma 4, del Dpr 322/1998) prevede che la dichiarazione dei soggetti diversi dalle persone fisiche è sottoscritta, a pena di nullità, dal rappresentante legale e in mancanza da chi ne ha l’amministrazione anche di fatto o da un rappresentante negoziale.

Nel caso specifico, la Cassazione rilevava che il Tribunale del riesame aveva confermato il provvedimento di sequestro nel solo presupposto che la socia fosse obbligata alla presentazione delle dichiarazioni, senza tuttavia verificare o motivare sulla sussistenza di un possibile concorso con chi effettivamente era onerato dell’obbligo fiscale.
Da qui il rinvio della decisione per un nuovo esame nel merito.

La pronuncia è particolarmente attuale, poiché non di rado gli investigatori attribuiscono quest’onere al socio trascurando però, così come ora affermato dalla Cassazione, di provare il possibile concorso con chi effettivamente è obbligato all’invio della dichiarazione.
In alternativa, al fine di coinvolgere nel delitto anche i soci che non hanno la rappresentanza legale dell’impresa, si assiste di sovente all’attribuzione dell’amministrazione di fatto per la cui configurazione, giova ricordarlo, sono invece richieste precisi elementi di prova da parte dell’accusa.

Cassazione, sentenza 40239/2018

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