Controlli e liti

Operazioni intra Ue esenti, il cedente deve dimostrare la movimentazione delle merci

Tra i requisiti per la non imponibilità rientrano anche l’onerosità dell’operazione e la soggettività passiva Iva dei contraenti

di Marco Cramarossa

La Cassazione, con la sentenza 20080/2022, torna a ribadire il principio secondo cui, allorquando l’amministrazione finanziaria contesti l’imponibilità Iva di cessioni relative a merci che si ritengano fittiziamente esportate in altro Paese membro dell’Unione europea, il cedente ha l’onere di dimostrare l’effettiva movimentazione fisica della merce dal territorio nazionale a quello dello Stato in cui risiede il cessionario. Ulteriori requisiti per la non imponibilità sono rappresentati dal trasferimento della proprietà dei beni, dall’onerosità dell’operazione e dalla soggettività passiva Iva dei contraenti.

Condizioni aggiuntive di non imponibilità

Il Dlgs 192/2021, recependo la direttiva Ue 2018/1910 (cosiddetto Quick fixes), ha introdotto il comma 2-ter all’articolo 41 del Dl 331/1993, prevedendo come aggiuntive condizioni sostanziali di non imponibilità, da un lato, la comunicazione da parte dei cessionari del numero di identificazione agli stessi attribuito da un altro Stato membro, in modo da consentire al cedente la verifica della validità nel sistema di controllo Vies, e, dall’altro, la compilazione dell’elenco riepilogativo delle cessioni intracomunitarie.

L’effettività dell’operazione

La Cassazione, accogliendo il ricorso dell’amministrazione finanziaria, che aveva prospettato la natura fraudolenta dell’operazione e, in particolare, la natura di società cartiera della cessionaria comunitaria, ha ritenuto che il cedente dei beni non fosse stato in grado di fornire la dimostrazione della sussistenza dei presupposti di fatto che potessero giustificare la deroga al normale regime impositivo. Secondo i giudici di legittimità, il contribuente non avrebbe provato, al di là della superabile violazione formale (tale sino all’entrata in vigore del Dlgs 192/2021) relativa alla mancata iscrizione al Vies del cessionario, la sussistenza delle caratteristiche sostanziali di affidabilità della controparte, sotto il profilo dello status fiscale di soggetto passivo Iva nello Stato di appartenenza.

In sostanza, secondo la Corte, il giudice del gravame avrebbe dovuto accertare se, a prescindere dal venire meno dell’iscrizione al sistema elettronico di scambio di dati sull’Iva, la società avesse concretamente fornito la prova dell’effettività dell’operazione.

La sentenza in commento ribadisce che, in mancanza di prova del trasferimento dei beni, deve emergere la buona fede del fornitore, ovvero che egli non sapeva, né avrebbe potuto sapere, che l’operazione si inseriva in un’evasione dell’imposta realizzata dall’acquirente.

La consapevolezza del contribuente

La Cassazione però, in altre pronunce (9588/2019), ha ben evidenziato che la consapevolezza del contribuente rispetto alla frode deve essere fornita dall’amministrazione finanziaria, anche in via presuntiva, attraverso elementi oggettivi e specifici. Assolto questo onere istruttorio, spetta poi al contribuente dimostrare di aver adoperato la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi (in tal senso, Cassazione 4428/2020).

Questo articolo è realizzato da uno degli autori del Modulo24 Accertamento e riscossione del Gruppo 24 Ore.

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