Opposizione ampia agli atti esecutivi
Il contribuente sottoposto ad esecuzione esattoriale può proporre opposizione all’esecuzione a norma dell’articolo 615 Cpc davanti al giudice ordinario dell’esecuzione, contestando anche il diritto di procedere all’esecuzione. A stabilirlo è la sentenza 114 / 18, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo 57, comma 1 lettera a) del Dpr 602/73, nella parte in cui non prevede che, nelle controversie sugli atti dell’esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella o all’atto di intimazione ad adempiere, sono ammesse le opposizioni dell’articolo 615 Cpc.
La sentenza si lascia apprezzare per l’ampio respiro delle statuizioni, cui ha contribuito l’elevato livello dell’ordinanza di rimessione del tribunale di Trieste. Chi si oppone alla riscossione coattiva deve potersi difendere pienamente, anche quando la giurisdizione sia devoluta al giudice ordinario. L’affermazione della Consulta è ineccepibile: ogni contraria statuizione «confligge frontalmente con il diritto alla tutela giurisdizionale».
Il giudice remittente aveva ben evidenziato l’illegittimità dell’articolo 57, che limita l’opposizione all’esecuzione avente ad oggetto la riscossione dei tributi al solo profilo dell’impignorabilità dei beni per contrasto con gli articoli 3,24, 111 e 113 della Costituzione. La norma prevede che non sono ammesse: le opposizioni dell’articolo 615 Cpc, fatta eccezione per quelle concernenti la pignorabilità dei beni; le opposizioni regolate dall’articolo 617 Cpc, relative alla regolarità formale ed alla notificazione del titolo esecutivo. Quindi, se era proposta opposizione, l’articolo 57 avrebbe precluso una pronuncia. La Corte riconosce che le regole di riparto della giurisdizione non incidono sull’apertura delle opposizioni agli atti esecutivi, tutte ammesse con la sola eccezione delle opposizioni sulla regolarità formale e la notificazione del titolo esecutivo, attratte nella giurisdizione del giudice tributario.
Al contrario, nel caso dell’articolo 615 Cpc, nelle ipotesi in cui sussiste la giurisdizione del giudice ordinario e l’azione esercitata dal contribuente assoggettato alla riscossione deve qualificarsi come opposizione all’esecuzione ex articolo 615 Cpc, essendo contestato il diritto di procedere a riscossione coattiva, ad avviso della Consulta, c’è una carenza di tutela giurisdizionale perché il censurato articolo 57 non ammette tale opposizione innanzi al giudice dell’esecuzione e non sarebbe possibile il ricorso al giudice tributario perché carente di giurisdizione. Né questa carenza sarebbe colmabile con la possibilità dell’opposizione agli atti esecutivi laddove la contestazione della legittimità della riscossione non si limiti alla regolarità formale.
Le deroghe tributarie al diritto comune sono legittime costituzionalmente in quanto ragionevoli. La sentenza 114/18 richiama la costante giurisprudenza: la peculiarità del credito tributario non può arrivare a giustificare il differimento della tutela giurisdizionale. La tutela del contribuente non può attendere perché impedita da una preclusione. Chi potrebbe risarcire un contribuente che fosse stato eliminato dall’esistenza commerciale a causa di un’esecuzione ingiusta? La Corte riporta nell’alveo costituzionale il diritto soggettivo perfetto del contribuente.