Pagelle fiscali, sull’affidabilità del contribuente pesano i dati storici
Dati storici degli ultimi 8 anni con effetti importanti sulla stima dell’affidabilità dei singoli contribuenti.
È questa la spiegazione “tecnica” fornita dalla Sose all’evento di Rete imprese Italia sugli Isa del perché alcuni contribuenti pur con risultati economici superiori alla media del settore, ma con un trend a ribasso nel 2018 rispetto agli anni precedenti, si trovano a fare i conti con punteggi Isa del tutto deludenti e inaspettati rispetto agli esiti degli studi di settore del passato.
Il software Isa, infatti, considera fra gli elementi fondamentali per il calcolo delle varie posizioni anche il cosiddetto “coefficiente individuale”. In altre parole si tratta di un parametro destinato a tradurre in termini statistici l’andamento del comportamento economico individuale del singolo contribuente negli otto anni precedenti.
Tralasciando i tecnicismi legati alle formule matematiche e statistiche è utile evidenziare che, nella valutazione dell’affidabilità del contribuente, il software Isa tiene conto anche delle serie storiche di alcuni indicatori e dell’andamento degli stessi negli anni precedenti.
Così, ad esempio, se il coefficiente individuale relativo alla stima dei compensi o quello del valore aggiunto per addetto si sono attestati su valori elevati rispetto alla platea dei contribuenti ricompresi nell’Isa applicato, sarà necessario rispettare la media storica affinché il punteggio di affidabilità del 2018 non ne risenta.
Viceversa nel caso in cui la seria storica (otto anni precedenti) mostri valori non particolarmente incoraggianti e nel 2018 si verifichi una inversione di tendenza rispetto al passato, il coefficiente individuale tenderà a stimolare il punteggio Isa del periodo d'’mposta in analisi riversando un effetto benefico sul punteggio finale attribuito al singolo contribuente nel 2018.
Questa è la spiegazione tecnico-metodologica del perché assistiamo nella pratica a dei risultati ai fini Isa estremamente negativi pur a fronte di situazioni assolutamente fisiologiche che registrano magari valori in lieve flessione, ma che nulla hanno a che fare con ipotesi di evasione. In tali casi l’effetto individuale agisce, quindi, in maniera troppo violenta sulla funzione matematica che governa lo strumento generando risultati incongruenti con la realtà oggetto di analisi.
In queste ipotesi, dove effettivamente non risulta necessario alcun tipo di adeguamento dei ricavi, non resta altro che spiegare quanto accaduto nel campo annotazioni posto in calce al modello.
Infine si segnalano due specifici quesiti riguardanti gli indicatori di anomalia. Il primo riguarda gli agenti di commercio, l’altro gli autotrasportatori.
Nel primo caso, in molte ipotesi pratiche gli operatori lamentano un’ ingiustificata attivazione dell’indicatore di anomalia legato ai costi residuali di gestione dovuto principalmente alle deduzioni forfettarie previste dall’articolo 66 del Tuir. Il sistema, in questo, caso non sterilizza questa componente di costo che finisce così per incidere in maniera anomala sul calcolo del coefficiente e quindi sul voto finale. Anche qui in attesa che l’anno prossimo la voce venga sterilizzata non resta altro (quest’annno) che segnalare la questione nel campo annotazioni. Altra incoerenza è stata riscontrata sull'indicatore relativo al «costo per litro di gasolio consumato nel periodo d'imposta» per gli autotrasportatori muniti di proprie cisterne o che centralizzano gli acquisti utilizzando consorzi e/o gruppi di acquisto che consentono di ridurre il costo effettivo, rispetto a quello stimato dal software ancorato ai valori medi “alla pompa” riscontrati dal Mise. Anche qui manco a dirlo l’unica soluzione operativa è far presente la questione nel campo annotazioni posto in calce al modello.