Patteggiamento solo dopo il pagamento integrale del debito tributario
In presenza di un r
Un contribuente imputato del reato di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di false fatture per gli anni 2011 e 2012, patteggiava la pena in mesi dieci di reclusione. Il procuratore generale impugnava la sentenza in Cassazione deducendo l’illegittimità di tale decisione in quanto il patteggiamento per i fatti successivi al 17 settembre 2011 per i reati tributari era subordinato all’integrale pagamento del debito fiscale comprensivo anche di eventuali sanzioni. Nel caso esaminato, l’imputato aveva in realtà, all’atto della formulazione richiesta di patteggiamento soltanto pagato alcune rate per la definizione tributaria.
I giudici di legittimità non hanno accolto il ricorso. Innanzitutto la Suprema corte ha rilevato che il Dl 138/2011 ha previsto che l’applicazione della pena ex articolo 444 del Codice di procedura penale per i reati tributari disciplinati dal Dlgs 74/2000 presuppone che ricorrano gli estremi per l’applicabilità delle circostanze attenuanti previste dal medesimo decreto.
Affinchè ciò si verifichi è necessario che i debiti tributari ed eventuali sanzioni amministrative connesse siano stati integralmente estinti al momento in cui viene formulata la richiesta di accesso al rito alternativo. Nella specie, invece, il pagamento rateale del debito fiscale era in corso e residuavano ancora somme da versare a carico del richiedente. Peraltro i giudici di legittimità hanno rilevato che la medesima disposizione a seguito del Dlgs 158/22015 è stata trasfusa nell’articolo 13-bis, comma 2, del Dlgs 74/2000, senza che ciò abbia mutato il tenore dispositivo.
In conclusione per i fatti commessi prima del 17 settembre 2011 (entrata in vigore del Dl 138/2011) per i reati tributari l’applicazione del patteggiamento seguiva le medesime regole dei reati comuni, mentre per i delitti fiscali consumati successivamente è possibile accedere al rito alternativo solo previo pagamento integrale del debito tributario e delle relative sanzioni anche avvalendosi delle procedure definitorie previste dall’ordinamento (adesione, conciliazione, eccetera).
Cassazione, III sezione penale, sentenza 29565 del 14 giugno 2017