Adempimenti

Pensionati all’estero, tasse light anche sul secondo assegno

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di Fabrizio Cancelliere e Gabriele Ferlito

Un pensionato italiano trasferitosi in Portogallo pagherà le tasse nello Stato di residenza, anche per le pensioni percepite a fronte di attività diverse da quelle di lavoro dipendente. Dice questo la risposta a interpello n. 35 , pubblicata ieri dall’agenzia delle Entrate: è la più rilevante di un ampio pacchetto dedicato al tema della fuga di cervelli e pensionati e della concorrenza fiscale tra Stati.

Le risposte fornite dall’amministrazione finanziaria su questi temi sono state, infatti, ben cinque: tre per il regime dei «rimpatriati» (articolo 16, commi 1 e 2 Dlgs n. 147/2015) e due per regimi di favore previsti dai trattati a favore dei pensionati. Tra le prime, la risposta 32 ha vietato l’applicabilità del regime per il rimpatrio dei cervelli (comma 2) ad una lavoratrice che, nel periodo precedente al rimpatrio in Italia, aveva sì trascorso all’estero un periodo complessivamente superiore a due anni, ma alternando un periodo di studio ad un altro di lavoro, senza dunque integrare – per nessuno di essi considerato integralmente – il requisito della continuità biennale.

Sullo stesso regime è incentrata la risposta n. 36 , che è invece positiva, in quanto chiarisce il principio secondo cui i requisiti della residenza estera e della continuità almeno biennale dell’attività, non devono necessariamente coincidere sul piano temporale. Nello specifico, prima di tornare in Italia nel 2019, il lavoratore aveva svolto attività di lavoro all’estero dal 2013 al 3 ottobre 2017, ma risultava fiscalmente residente all’estero solo dal 2016.

La risposta n. 34 (positiva) riguarda il regime dei lavoratori rimpatriati (comma 1) e affronta il caso di un lavoratore rimpatriato in data 20 luglio 2018, per il quale è confermata la fruibilità dal regime, ma solo a partire dal primo anno di residenza fiscale in Italia, vale a dire dal 2019, e non anche per i mesi di lavoro da luglio a dicembre 2018.

Le altre due risposte riguardano la fiscalità dei pensionati residenti fiscalmente in uno Stato ma percettori di pensione di fonte estera. La prima ( n. 35 ), riguarda il caso del pensionato italiano trasferito in Portogallo, ormai frequente, ma è interessante perché chiarisce che le pensioni percepite a fronte di attività diverse da quelle di lavoro dipendente (nel caso specifico, Inps ed Enasarco percepite da un agente di commercio) sono sempre tassate nello Stato di residenza, qualunque sia la provenienza. Ai fini del trattato, si qualificano infatti come «altri redditi» ex articolo 21, e non come «redditi di pensione» ex articolo 18, limitato ai solo dipendenti.

Invece, l’indennità di fine rapporto percepita dall’agente si qualifica ai fini italiani come reddito di lavoro autonomo e come tale va in ogni caso tassata in Italia (articolo 14 del trattato). La risposta n. 40 , infine, si occupa della «New State Pension», percepita nel Regno Unito da un residente in Italia: secondo l’Agenzia va trattata come una «pensione di Stato» e non è assimilabile ad una forma di previdenza complementare, anche se in parte alimentata da versamenti di natura volontaria. Come tale, va integralmente tassata in Italia, a prescindere dalla mancata deduzione dei contributi a suo tempo versati.

Agenzia delle Entrate, interpello, risposta 32 del 12 febbraio 2019

Agenzia delle Entrate, interpello, risposta 34 del 12 febbraio 2019

Agenzia delle Entrate, interpello, risposta 35 del 12 febbraio 2019

Agenzia delle Entrate, interpello, risposta 36 del 12 febbraio 2019

Agenzia delle Entrate, interpello, risposta 40 del 12 febbraio 2019

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