Controlli e liti

Per l’appello dell’ufficio non serve la delega

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di Marco Denaro

Con la sentenza n. 16436 del 5 agosto , la sezione tributaria della Cassazione ha ribadito la validità dell’appello proposto dall’Ufficio finanziario e sottoscritto da un funzionario preposto allo specifico settore del contenzioso, senza necessità di esibizione di una specifica delega ai fini della legittimità dell’atto stesso.
Diciamo subito, onde evitare possibili confusioni, che la sentenza in commento nulla ha a che fare con la nota sentenza della Corte costituzionale n. 37 del 2015 che – nel dichiarare decaduti gli incarichi dirigenziali conferiti, senza un regolare concorso, a funzionari dell’Agenzia delle entrate – ha determinato il proliferare di numerosi contenziosi tributari, aventi ad oggetto la presunta illegittimità degli atti impositivi sottoscritti da questi ultimi.
La vicenda, invero, riguarda il ricorso in Cassazione proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza di appello che – nel confermare la pronuncia di primo grado, in una causa vertente il recupero di una maggiore Irpef, Iva ed Irap– aveva ritenuto inammissibile l’appello erariale in quanto sottoscritto da un funzionario dichiaratosi delegato dal direttore, senza allegazione di copia di tale delega.
Nel ricorso l’Agenzia lamenta, in via pregiudiziale, la mancata contestazione di tale questione da parte del contribuente e, nel merito, la legittimità dell’appello proposto che era stato sottoscritto non solo dal funzionario-capo team legale ma anche dal capo area controllo delegato, essendo la delega ricompresa nelle attribuzioni delle singole funzioni.
Per la Corte Suprema, il ricorso è fondato atteso che le norme che disciplinano il contenzioso tributario – nello specifico, gli articoli 10 e 11 del Dlgs n. 546 del 1992 – attribuiscono la qualifica di parte processuale all’Ufficio del ministero delle Finanze (ora Agenzia delle entrate), organicamente rappresentato dal direttore o da altra persona preposta al reparto competente, da intendersi quindi autorizzata a sostituire il direttore nelle specifiche competenze, senza necessità di una procura ad hoc.
Pertanto, continua la Corte, nel caso in cui non sia contestata la provenienza dell’atto di appello dall’Ufficio competente, questo deve ritenersi ammissibile, ancorché sia illeggibile la firma apposta in calce al ricorso dal funzionario che sottoscrive in luogo del direttore titolare, almeno fino a quando non venga eccepita e provata la non appartenenza del sottoscrittore all’Ufficio appellante o, comunque, l’usurpazione del potere di impugnare la sentenza di primo grado, dovendosi altrimenti presumere che l’atto provenga dall’Ufficio e ne esprima la volontà (Cassazione, sentenza n. 874 del 2009; n. 13908 del 2008).
In altri termini, la Cassazione, sulla base di un pacifico e consolidato orientamento giurisprudenziale, ritiene che la sottoscrizione dell’appello dell’Ufficio finanziario è validamente apposta anche ove non sia esibita in giudizio una corrispondente specifica delega e salvo che non sia eccepita e provata la non appartenenza del sottoscrittore all’Ufficio appellante o, comunque, l’usurpazione del potere impugnatorio (sentenza n. 6691 del 2014)
Del resto, se le disposizioni del processo tributario attribuiscono all’Ufficio la rappresentanza processuale dell’Amministrazione, deve necessariamente presumersi la validità dell’appello che, come nel caso di specie, sia stato firmato da un funzionario dell’Ufficio provvisto di delega generale, senza necessità di esibizione della stessa (sentenza n. 3117 del 2014).

La sentenza n.16436/15 della Cassazione

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