Imposte

Per le merci non ancora importate va provata l’irrilevanza Iva della vendita

La circolare 6/D delle Dogane conferma che il negozio concluso prima è fuori campo

La vendita di beni prima che ne sia effettuata l’importazione configura una cessione di merce «allo stato estero» non soggetta a Iva, in quanto operazione territorialmente non rilevante ai sensi dell’articolo 7 bis del Dpr 633/72. Lo ribadisce la circolare 6/D delle Dogane dell’8 maggio scorso in relazione all’importazione in esenzione da dazi e Iva di beni destinati a fronteggiare l’emergenza sanitaria (come da decisioni della Commissione Ue 2020/491 e n. 2020/1101).

La normativa

A differenza della normativa comunitaria (articoli 2, 31 e 32, direttiva 2006/112), la quale non distingue i beni in base al loro “status” giuridico/doganale, quella interna prevede che il requisito della territorialità venga rispettato solo in presenza di queste due condizioni:

la vendita concerne beni mobili materiali che si trovano fisicamente nel territorio dello Stato;

la vendita concerne beni mobili materiali che sono nella condizione di merce nazionale, comunitaria o vincolata al regime di temporanea importazione.

Di conseguenza il requisito non compete ai beni non ancora immessi in libera pratica nel territorio Ue, né a quelli in regime di transito o depositati in luoghi soggetti a vigilanza doganale. La divergenza rispetto alla disciplina comunitaria, evidenziata dalla sentenza Ue C-165/11 (con riguardo alla legislazione di altro Stato membro), si ricompone tuttavia dal punto di vista sostanziale, visto che gli Stati possono optare per la detassazione di talune operazioni (articolo 156, direttiva 2006/112). Facoltà che il legislatore nazionale ha di fatto esercitato prevedendo un obbligo generalizzato di fatturazione delle operazioni extraterritoriali qualificate come non soggette a imposta (articolo 21, comma 6, lettera a, e comma 6 bis, Dpr 633/72).

Le prove necessarie

In ogni caso, anche l’irrilevanza territoriale della vendita dev’essere debitamente comprovata carte alla mano, essendo altrimenti contestabile la mancata applicazione dell’imposta. Il concetto traspare anche dalla citata circolare 6/D, la quale, riferendosi all’esclusione dal campo applicativo del tributo della vendita dei beni emergenziali oggetto d’importazione esente, richiama l’esistenza di «un negozio giuridico concluso» anteriormente allo sdoganamento.

Quando l’irrilevanza Iva dell’operazione dipende dallo status doganale della merce, saranno inoltre necessari documenti che evidenzino tale condizione; per esempio, i documenti doganali che scortano i beni (transito) o quelli rilasciati ai fini del vincolo a un determinato regime. Più complicato potrebbe essere dar conto dell’esistenza all’estero dei beni oggetto di vendita. Un caso limite è quello dell’acquisto e della successiva rivendita in uno stesso paese extraUe, situazione in cui non si può contare sull’esistenza di documentazione doganale, visto che i beni non escono dallo Stato in cui si perfezionano le operazioni. Pattuizioni contrattuali chiare, scambi di corrispondenza relativi alla destinazione della merce, ordini e conferme d’ordine in forma scritta, documenti di trasporto coerenti, sono tutti elementi utili in queste situazioni. Ma è anche necessaria la collaborazione fra le parti.

La collaborazione tra le parti

Si pensi a un'impresa nazionale che acquista beni presso un fornitore Ue rivendendoli a un cliente extracomunitario con esportazione diretta dallo Stato membro del fornitore. La circolare 13/1994 (paragrafo 16.3, secondo caso, lettera b), precisa che l’operazione triangolare non rileva ai fini del pagamento dell’Iva in Italia. Occorre, però, pur sempre dimostrare che i beni sono stati esportati dallo Stato membro del fornitore e disporre dei documenti doganali rilasciati da tale Stato. Pertanto, essendo l’esportazione eseguita dal cedente Ue, sarà opportuno stabilire un obbligo contrattuale a fornire quanto necessario. Peraltro, in una triangolare di questo tipo e fermi gli adempimenti richiesti in base alla disciplina doganale, il promotore nazionale a rigore non sarebbe tenuto (in base a una norma della legge Iva) a emettere fattura, non rientrando (letteralmente) in nessuno dei casi previsti dall’articolo 21, visto che l’operazione rileva nello Stato comunitario di partenza dei beni oggetto d’esportazione, ma non v’è un debitore d’imposta in altro Stato Ue. Né sussiste l’obbligo di emettere fattura nel caso in cui, fuori dallo schema della triangolare, l’operatore residente, dopo aver acquistato merce in uno Stato membro, per esempio utilizzando la partita Iva di cui si sia qui eventualmente dotato, ne effettui solo successivamente l’esportazione a un proprio cliente extraUe. La fattura, in base alle regole in materia di territorialità e di obblighi documentali (articoli 32 e 219 bis, direttiva 2006/112) e salvo diversa previsione del paese interessato, dovrebbe essere emessa con la partita Iva qui aperta con le relative regole.

GLI ESEMPI

BENI IN PAESE EXTRAUE
- Caso
La Alfa Spa acquista beni da un fornitore canadese, beni che rivende a un proprio cliente statunitense. Va emessa fattura? In caso positivo, elettronica o cartacea? L’operazione è imponibile o l’imposta non va applicata? Quali altri adempimenti vanno posti in essere in Italia?
- Soluzione
Alfa emette fattura senza Iva con l’annotazione «operazione non soggetta». Il documento può essere cartaceo ma se viene emesso in formato elettronico non va compilato l’esterometro. Va conservata la documentazione doganale a prova dell’operazione.

BENI IN PAESE UE
- Caso
Beta Srl con il proprio rappresentante fiscale in Spagna acquista beni che vengono qui stoccati. Alcuni di questi sono in seguito venduti a un cliente soggetto passivo portoghese con invio in Portogallo. L’operazione va fatturata in Italia?
- Soluzione
Beta dovrebbe emettere fattura per la cessione intracomunitaria tramite il rappresentante fiscale. Pertanto, la società non dovrebbe emettere fattura in Italia. Vanno, però, verificate le regole vigenti in Spagna per le operazioni rilevanti poste in essere da soggetto estero (Beta).

CALL OFF STOCK
- Caso
Gamma Srl ha inviato in un deposito in Grecia alcuni beni a fronte di un contratto di call off stock sottoscritto a luglio 2020. Quando va emessa la fattura per la vendita dei beni e compilato l’Intrastat? Le vendite concorrono alla formazione del plafond?
- Soluzione
Gamma emette fattura al prelievo dei beni da parte del cliente. Si tratta di cessioni intracomunitarie non imponibili che concorrono alla formazione del plafond. Oltre alla tenuta dell'apposito registro, va compilato l’Intrastat per il periodo in cui ha luogo l’invio dei beni.

TRASFERIMENTI FRANCO VALUTA
- Caso
Iota Spa ha affittato un capannone negli Stati Uniti e vi ha stoccato beni inviati dall’Italia in attesa di vendita. Quando sono individuati i clienti Usa, i beni vengono venduti. Va emessa fattura dall’Italia? In che modo? Le cessioni rilevano per la formazione del plafond?
- Soluzione
Iota dovrebbe emettere fattura cartacea (o elettronica per scelta) senza Iva, irrilevante per il plafond. In tal senso la risoluzione 58/2005 e al di fuori di casi particolari, e senza considerare possibili aperture alla non imponibilità (Cassazione 23588/2012).

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