Imposte

Per le perdite riportabili il rischio di rettifica non può essere infinito

L’impresa dovrebbe tenere sine die le documentazioni di spesa ordinarie annuali

di Dario Deotto e Luigi Lovecchio

Anche la fruizione in più anni dei vari bonus e crediti d’imposta rientra in quella sorta di “immortalità rettificativa tributaria” derivante dalla sentenza della Cassazione a Sezioni unite 8500/2021 sui termini di accertamento dei componenti reddituali pluriennali. Secondo la Corte, la decadenza della potestà di accertamento dei componenti di reddito pluriennali va vista con riferimento al termine per la rettifica della dichiarazione in cui il singolo “rateo” del componente reddituale è stato indicato e non in relazione al periodo d’imposta in cui è avvenuta per la prima volta la deduzione.
Secondo la pronuncia della Cassazione, la rilevanza del “rateo” ai fini della decadenza accertativa, e non della prima iscrizione del componente reddituale, dovrebbe riguardare, ad esempio – oltre ai bonus e ai crediti d’imposta pluriennali – anche quote di ammortamento, sopravvenienze e plusvalenze rateizzabili, svalutazione dei crediti (vicenda che ha determinato il pronunciamento delle Sezioni unite) nonché le perdite d’esercizio riportabili in avanti.
Ed è proprio con riferimento alle perdite (riportabili) che si devono fare delle considerazioni circa l’effettiva latitudine della pronuncia di legittimità.
Non si condivide, in particolare, il fatto che la questione dei termini decadenziali degli elementi pluriennali debba coinvolgere anche le perdite riportabili. Le perdite costituiscono il risultato netto della contrapposizione di componenti positivi e negativi di reddito, i quali contemplano sia spese ordinarie (ad esempio, quelle di cancelleria) sia spese pluriennali. Stabilire che le perdite possono essere contestate nell’anno di utilizzo a prescindere da quando si sono formate, vuol dire che il contribuente dovrebbe conservare la documentazione, sostanzialmente sine die, di tutti i componenti reddituali che hanno determinato quella perdita, comprese le spese di cancelleria citate nell’esempio.
In questo modo, però, non si avrebbe un obbligo di conservazione delle scritture contabili “servente” – come dice la stessa Cassazione – rispetto ai termini di accertamento, in base a quanto dispone l’articolo 22 del Dpr 600/1973, ma tale obbligo risulterebbe di fatto indeterminato, così come indeterminato diverrebbe, a questo punto, il termine entro il quale il contribuente sarebbe soggetto alle iniziative recuperatorie del Fisco, in evidente contrasto con i precetti costituzionali.
Non rientrano nemmeno nel novero dei componenti reddituali ad efficacia pluriennale – a parere di chi scrive – le contestazioni di antieconomicità della spesa (pluriennale) sostenuta in annualità oramai decadute. In tal caso, infatti, non si è presenza di un componente di reddito riferito a più periodi d’imposta ma di una valutazione “instantanea”.

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