Controlli e liti

Per il Tfm deducibilità senza limitazioni

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di Massimo Romeo

L'indennità di fine mandato (Tfm) corrisposta a favore degli amministratori, pur essendo sostanzialmente assimilabile all’indennità di fine rapporto prevista per i lavoratori dipendenti, è un costo deducibile nell’ammontare senza i limiti posti dalla normativa civilistica e fiscale per il trattamento di fine rapporto dei lavoratori subordinati. Questo il principio emergente dalla sentenza della Ctr Lombardia 3749/16/2018 depositata l’11 settembre.

La vicenda
Il caso portato all’attenzione dei giudici tributari ambrosiani riguardava l’impugnazione da parte di una società (Sas) e relativi soci di un avviso di accertamento con il quale l’agenzia delle Entrate recuperava a tassazione l’indebita deduzione dell’accantonamento a titolo di Tfm per i compensi corrisposti agli amministratori della società.
I giudici di prime cure della Ctp lecchese accoglievano integralmente il ricorso motivando che il rinvio contenuto nell’articolo 105 del Tuir al Tfr, contrariamente a quanto sostenuto dall’amministrazione finanziaria, ha esclusivamente il significato di ammettere anche l’accantonamento dell’indennità di fine mandato degli amministratori alla pari dei lavoratori dipendenti e che tale indennità rappresenta un costo fiscalmente deducibile, deliberato dalla società e previsto dallo statuto, che non prescrive alcun particolare ed ulteriore adempimento.

Appellava la sentenza l’Ufficio sostenendo l’erronea interpretazione data dalla Ctp sul comma 4 dell’articolo 105 e rimarcando come il rinvio del legislatore fiscale alle leggi applicabili per il Tfr doveva portare a considerare che anche l’accantonamento al Tfm soggiace ai precisi limiti di deducibilità previsti per il Tfr ovvero non in misura superiore al 13,5 per cento dell’ammontare dei compensi previsti annualmente.

La sentenza
Il nodo da sciogliere per i giudici d’appello scaturiva principalmente dalla dedotta circostanza da parte dell’Ufficio che per gli amministratori della società in questione non era stato previsto un emolumento su base annua cosicché era impossibile procedere a determinare il 13,5 % del compenso annuo quale quota deducibile.
Il Collegio regionale decide di confermare la sentenza di prime cure con ulteriori argomentazioni che interpretano la normativa fiscale di riferimento in senso opposto alla tesi di parte pubblica. Ritengono infatti che la detraibilità dell’accantonamento dei compensi degli amministratori non deve essere determinata con le stesse regole previste per i lavoratori dipendenti (retribuzione annua divisa per 13,5), in quanto il legislatore fiscale non ha dettato una normativa derogatoria per tali accantonamenti ma ha operato un richiamo alla disciplina civilistica prevista per i lavoratori dipendenti , ammettendo parimenti quale costo deducibile nel conto economico della società anche l’accantonamento di fine mandato ma per la cui determinazione è necessario far riferimento alle diverse disposizioni legislative e contrattuali che regolano il rapporto tra amministratori e società e non alle disposizioni relative ai lavoratori dipendenti.

La disciplina di riferimento, proseguono i giudici regionali, è data dagli articoli 2364 e 2389 del Codice civile dove viene chiaramente stabilito che il compenso spettante agli amministratori viene fissato dall’assemblea dei soci se non è stato stabilito all’atto della nomina e/o nello statuto della società (nel caso di specie l’accantonabile era stato espressamente stabilito nel verbale di assemblea); accostando quindi il principio fiscale della deducibilità per competenza , in base al quale il diritto alla percezione deve derivare da un atto con data certa anteriore all’inizio del rapporto, non vi era alcun dubbio che sul verbale si fosse a suo tempo stabilito il quantum.

Da ciò la Ctr ne fa discendere la conseguenza che il Tfm è deducibile per quota stabilita per anno in base al principio di competenza ed il parallelo compiuto dall’Ufficio con il Tfr «è da ritenersi inconferente stante il fatto che il rapporto dell’amministratore con la società è inquadrabile come mandato e non come rapporto di lavoro subordinato».

I giudici concludono la motivazione sottolineando come nel sistema attuale la spettanza e la deducibilità degli emolumenti a favore degli amministratori è determinata dal consenso che si forma tra le parti o nell’ambito dell’ente sul punto, senza che all’ufficio sia riconosciuto un potere specifico dì valutazione di congruità; il principio che viene pertanto affermato è che l’indennità di fine mandato , pur essendo sostanzialmente assimilabile all’indennità di fine rapporto prevista per i lavoratori dipendenti, si differenzia da essa in quanto non ha limitazione alcuna nell’ammontare, non esistendo alcuna norma di riferimento.

Ctr Lombardia, sentenza 3749/16/2018

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