Imposte

Perdite su crediti deducibili dall’anno di iscrizione del piano di risanamento

di Stefano Mazzocchi

Una delle principali novità contenute nella riforma fallimentare (legge 155/2017) è costituita dalla possibilità di comporre le crisi aziendali mediante degli accordi con i creditori, ricorrendo ad un apposito procedimento di composizione assistita. L’imprenditore dopo aver rilevato - “per e in tempo” e tramite gli strumenti di allerta - lo stato di crisi, può attivare taluni procedimenti per risolvere le difficoltà aziendali avvalendosi della mediazione dell’Organismo di composizione della crisi d’impresa (Ocri). Una volta attivata la procedura, il debitore può raggiungere un accordo, che dovrà essere formalizzato per iscritto davanti all’Ocri nonché depositato presso lo stesso organismo. L’eventuale composizione avviene in un regime di riservatezza, a seguito di una trattativa dove entrambe le parti (debitore e creditore) hanno dei doveri reciproci di informazione, correttezza e buona fede comportamentale.

Ma quali sono gli effetti per il creditore che decida di sottoscrivere l’accordo di composizione della crisi? Ed ancora: per lo stesso creditore quali sono gli effetti contabili, Iva e delle imposte dirette in merito all’accordo raggiunto? Trattandosi di una procedura nuova, molto probabilmente il legislatore fiscale nonché l’agenzia delle Entrate dovranno intervenire quanto meno per adeguare le norme o le interpretazioni rispetto al nuovo istituto. In prima battuta, è necessario rilevare che ai sensi dell’articolo 19, comma 4, del Dlgs 14/2019 (Codice delle crisi d’impresa e dell’insolvenza, emanato in attuazione della legge 155/2017), il legislatore equipara il possibile risultato positivo nella composizione della crisi, al piano attestato di risanamento all’articolo 67, comma 3, lettera d) della legge fallimentare. Con questo preciso intervento legislativo, ai soli fini degli effetti finali, è stato effettuato un rinvio tecnico normativo a quanto già disciplinato ai sensi e per gli effetti della norma da ultimo richiamata.

Quindi dal lato del creditore, salvo smentite o diverse interpretazioni, la composizione della crisi riverbera gli stessi effetti che allo stato attuale si avrebbero con l’adozione da parte del debitore di un piano attestato di risanamento. Pertanto, analizzando il trattamento ai fini Iva, stante tale equiparazione, si dovrebbe rendere applicabile quanto disposto dall’articolo 26 del decreto Iva e confermato nella risposta a interpello 110/2018 dell’agenzia delle Entrate. Tale interpello analizzava proprio un caso di risanamento attestato, dove anche l’Agenzia sanciva la correttezza fiscale ai fini Iva dell’emissione della nota di variazione per la parte “stralciata” ex articolo 26, comma 4, del Dpr 633/1972.

Va ricordato che il piano attestato di risanamento è tuttora considerato dall’Agenzia una “procedura assimilata” e che solo dal momento della pubblicazione del piano attestato presso il Registro delle imprese è possibile attivare quanto previsto dal richiamato quarto comma dell’articolo 26 del decreto Iva. L’emissione della nota di variazione può avvenire anche a cura del cedente o del prestatore dell’operazione rilevante ai fini Iva, sempreché ciò avvenga nel rispetto della tempistica di cui sopra. Sotto il profilo temporale, la nota di variazione dev’essere emessa entro il termine della presentazione della dichiarazione Iva relativa all’anno in cui sorge il diritto all’emissione del documento rettificativo (si veda la risposta 113 del 18 dicembre 2018).

Relativamente alle imposte dirette, l’articolo 101, comma 5, del Tuir permette di dedurre fiscalmente la perdita su crediti nell’esercizio d’imposta in cui sia stato iscritto nel Registro delle imprese il piano di risanamento. Ai fini dei principi contabili, interviene l’Oic 15, secondo cui ai fini civilistici il valore del credito dev’essere rettificato fin da quando si ha conoscenza delle difficoltà finanziarie del cliente. Certamente il credito dovrà essere rettificato nell’esercizio in cui si renda pubblico il piano attestato di risanamento; si segnala peraltro che già il mancato rispetto dei termini di pagamento dovrebbe obbligare il creditore a rettificare il valore del credito. Infine si sottolinea che queste modalità comportamentali per il creditore saranno sempre più diffuse dal momento che per il debitore l’adozione della procedura di composizione della crisi consente di ottenere dei vantaggi indiscutibili, con delle premialità riconociute per gli imprenditori che ai primi segnali di crisi si attivino opportunamente per la composizione della crisi.

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