Finanza

Perdite e costi Covid allocati tra le imprese infragruppo

L’analisi delle linee guida Ocse su Covid e transfer princing

di Alessandro Germani

Il documento dell’Ocse «Guidance on the transfer pricing implications of the Covid-19 pandemic» considera i risvolti del Covid-19 su quattro specifici aspetti:

• analisi comparativa;

• perdite e allocazione dei costi specifici del Covid-19;

• programmi di assistenza statale;

• advance pricing agreements.

Concentriamoci sui primi due aspetti. Circa l’analisi comparativa, vanno prese in considerazione una serie di informazioni in relazione al 2020 quali, ad esempio, i volumi effettivi delle vendite, la capacità produttiva, i costi incrementali o eccezionali sostenuti, gli aiuti ricevuti. È utile confrontare i dati di budget per il 2020 con quelli effettivamente raggiunti, per apprezzare lo scostamento che si è avuto.

Non è escluso che vi possa essere una difficoltà ulteriore a ottenere i dati del 2020 per via della situazione straordinaria, per cui tanto i contribuenti quanto le autorità fiscali sono tenuti ad applicare flessibilità e buon senso. Ciò anche con riguardo agli aggiustamenti compensativi o all’utilizzo di più di un metodo.

Se un’attività ha dovuto chiudere forzatamente per un certo periodo, di ciò occorrerà tenere conto. Una risposta può consistere in aggiustamenti di prezzo a valere sul 2020 che possono essere effettuati nel 2021 quando si avranno a disposizione le informazioni. A seguito del Covid-19, il set dei comparabili può risultare modificato e possono essere considerate anche imprese che hanno subito perdite nel 2020.

Con riferimento alle perdite e all’allocazione dei costi specifici del Covid-19, le perdite del 2020, causate anche dall’insorgenza dei costi straordinari dovuti alla pandemia, dovranno essere allocate fra le imprese associate. Nell’analisi di transfer pricing, un’entità limited risk ha un livello limitato di funzioni e di rischi. Per comprendere se e quali perdite essa possa assorbire andrà condotta un’analisi specifica. Le linee guida in ogni caso affermano che entità del genere non possono generare perdite su un orizzonte temporale di lungo periodo, ammettendo implicitamente che possano essere in perdita nel breve.

Occorre analizzare bene i rischi sopportati. Ciò in quanto un limited risk distributor potrà assorbire una perdita limitata dovuta a un calo della domanda, che non consente di coprire in toto i costi fissi, se ciò è in linea con quanto avverrebbe fra imprese indipendenti. Ma se il distributore non ha mai assunto un rischio di credito, non potrà quindi sopportare perdite connesse a tale rischio. Occorre guardare con molta attenzione ai casi in cui pre Covid il distributore di fatto non assumeva rischi, caratterizzandosi per ritorni alquanto limitati, e post Covid invece gli siano attribuite perdite, a meno che ciò non dipenda da cambiamenti effettivi di business.

La rivisitazione degli accordi fra entità associate può sussistere se ciò sarebbe avvenuto anche fra parti indipendenti a fronte della situazione emergenziale, per consentire la sopravvivenza di una parte. È il caso di un cliente del distributore che non paga, motivo per cui il distributore chiede a sua volta una review dei termini di pagamento ad una propria entità associata. Alcuni costi relativi alla pandemia (telelavoro, architettura IT) possono essere straordinari e va capito come un’impresa indipendente li sopporterebbe, anche in base a chi sopporta il rischio di certe attività.

Occorre considerare anche che alcuni costi rappresentano delle nuove modalità di operare e quindi non sono da considerare straordinari. Tali costi in linea di massima non andrebbero considerati né a livello della tested party né dei comparables, e comunque contabilmente dovrebbero assumere la stessa natura (ordinari o straordinari). Il fatto di invocare clausole di forza maggiore va visto sotto il profilo legale; inoltre, in situazioni di breve termine (chiusure temporanee imposte dal governo) sembra meno invocabile rispetto a situazioni di lungo termine.

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