Imposte

Perdite con scomputo totale quando cessa l’attività

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di Gianluca Dan

La modifica al regime delle perdite fiscali derivanti dall’esercizio di imprese commerciali e di quelle originate dalla partecipazione in Snc e in Sas, sia in regime di contabilità semplificata che in ordinaria, con possibilità di utilizzo, a regime, nei limiti dell’80% dei relativi redditi dei periodi d’imposta successivi a quello di formazione ripropone il tema dell’utilizzo delle perdite in caso di cessazione dell’attività.

Il regime transitorio, per i soggetti in semplificata, con utilizzo limitato delle perdite residue del 2017/2018 nel limite del 40% del reddito del 2018 e/o del 2019 accentua l’effetto iniquo di un’eventuale interpretazione letterale delle disposizioni sulla liquidazione e sulla possibilità di utilizzare le eccedenze negative in misura limitata nell’esercizio di chiusura dell’attività.

In sintesi

Si pensi al caso, non così infrequente stante le molte domande formulate dai lettori nel corso di Telefisco, dell’imprenditore individuale che ha cessato l’attività nel corso del 2018, senza una formale procedura di liquidazione, e che nel 2017 aveva accumulato delle perdite fiscali.

Se il reddito di impresa del 2018 è positivo, ad esempio perché con la chiusura dell’attività si realizza il magazzino o si conseguono delle plusvalenze dalla cessione dei cespiti aziendali, che non sono rateizzabili stante la chiusura dell’attività, si troverebbe nella irragionevole situazione di dover assoggettare comunque a tassazione parte del reddito realizzato nel 2018.

In particolare se ipotizziamo che il reddito del 2018 sia di 100 e che le perdite conseguite nel 2017 siano di pari importo avremmo i seguenti effetti, interpretando letteralmente le nuove disposizioni dell’articolo 8 del Tuir e la relativa disciplina transitoria prevista dalla legge di Bilancio per il 2019:

tassazione del 20% del reddito conseguito nel 2018 se le perdite originano da una contabilità ordinaria;

tassazione del 60% del reddito conseguito nel 2018 se le perdite derivano da una contabilità semplificata. In entrambi i casi stante la chiusura dell’attività il contribuente non potrebbe più usare le perdite residue in futuro.

L’estensione anche agli imprenditori minori dell’utilizzo delle perdite nei limiti dell’80% del reddito degli esercizi successivi e quindi l’allargamento della platea dei soggetti interessati potrebbe essere l’occasione per l’Agenzia delle entrate per fornire un chiarimento in merito all’utilizzo delle perdite nelle liquidazioni ordinarie disciplinate dall’articolo 182 del Tuir.

L’applicazione di tale norma pone diversi interrogativi anche per l’utilizzo delle perdite generate dalle società di persone (si veda il Sole 24 Ore del 6 agosto 2018) oltre a quelle irrisolte delle società di capitali. L’unico intervento noto in merito è stato quello di Assonime che nella circolare 33/2011 (relativa alla nuova disciplina di riporto delle perdite per i soggetti Ires) ha sostenuto che la limitazione all’utilizzo delle perdite nei limiti dell’80% del reddito non dovrebbe trovare applicazione nel bilancio finale di liquidazione.

Tale affermazione origina da un processo logico in quanto le limitazioni alla compensazione delle perdite non sono dirette ad impedire l’integrale utilizzabilità delle perdite stesse, ma esclusivamente a rallentarne il processo di assorbimento con i redditi dei periodi successivi.

Riprendendo quanto indicato da Assonime appare, quindi, del tutto logico ritenere che in sede di cessazione dell’attività d’impresa l’intero reddito debba trovare compensazione nelle perdite residue senza subire la falcidia del 20% a regime o delle diverse percentuali (40%/60%) stabilite dal regime transitorio.

In sintesi

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