Imposte

Piccola proprietà contadina: niente benefici senza il certificato

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di Laura Ambrosi

Non può beneficiare delle riduzioni di imposta previste per la piccola proprietà contadina l’imprenditore agricolo professionale che, pur avendo i requisiti sostanziali, non produce entro tre anni dalla registrazione dell’atto il certificato previsto dalla norma. Lo precisa la Cassazione con l’ordinanza n. 117/2018, depositata ieri.

La controversia nasceva da un avviso di liquidazione notificato dall’agenzia delle Entrate a un contribuente per la maggiore imposta di registro in conseguenza del disconoscimento dei benefici per la piccola proprietà contadina. L’avviso era motivato dal fatto che non era stato prodotto, entro tre anni dalla registrazione dell’atto di acquisto dei terreni, il certificato definitivo attestante la qualifica di imprenditore agricolo professionale.

Il provvedimento veniva impugnato, lamentando che la mancanza del documento era dipesa dall’inerzia degli uffici competenti al rilascio, ma che in ogni caso i requisiti sostanziali erano soddisfatti.

Entrambi i giudici di merito accoglievano il ricorso annullando la pretesa. Così l’Agenzia ricorreva in Cassazione.

I giudici di legittimità hanno innanzitutto rilevato che la Ctr aveva erroneamente fondato la decisione sul presupposto che le caratteristiche di imprenditore agricolo potevano essere riscontrate anche direttamente dal giudice a prescindere dalla certificazione.

Tale principio derivava da alcune precedenti pronunce della Cassazione (le n.11610/03, 10248/2013 e 8326/2014), nelle quali però l’accertamento giudiziale consentito al giudice tributario era diretta conseguenza del mancato rilascio della certificazione dell’Ispettorato agrario nonostante la tempestiva richiesta da parte dell’interessato.

La Cassazione in proposito ha precisato che, ai fini dell’agevolazione, il contribuente deve provare di aver diligentemente agito per conseguire la certificazione. Deve cioè provare non solo la tempestiva presentazione della richiesta, ma anche di aver seguito l’iter producendo ulteriori documenti eventualmente richiesti. Solo così è possibile dimostrare la colpa della parte pubblica.

Nel caso cui si riferisce l’ordinanza depositata ieri, l’interessato non aveva fornito alcuna prova sulla ventilata inerzia dell’ufficio con la conseguenza che ai fini del beneficio era tenuto a presentare entro il termine perentorio di tre anni il certificato definitivo, in assenza del quale era legittima la richiesta delle imposte in misura ordinaria.

La decisione pare applicare in misura particolarmente rigorosa la norma dando prevalenza alla forma rispetto alla sostanza. Nella motivazione, infatti, emerge che i requisiti del contribuente non erano stati disconosciuti o contestati con la conseguenza che risultavano confermati nei fatti.

Cassazione, VI sezione civile, ordinanza 117 del 4 gennaio 2018

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