Controlli e liti

Plusvalenze immobiliari, il registro non rileva sulle dirette

di Laura Ambrosi

È illegittimo anche per il passato l’accertamento della plusvalenza immobiliare fondato solo sulla rettifica di valore definito ai fini delle imposte di registro, ipotecaria e catastale.

La nuova norma, infatti, ha natura interpretativa con la conseguenza che si applica anche per condotte poste in essere prima della sua entrata in vigore. A ribadire questo principio è la Corte di cassazione con l’ ordinanza 1823 depositata ieri .

L’agenzia delle Entrate notificava a tre contribuenti altrettanti avvisi di accertamento con i quali rettificava il reddito dichiarato a fronte della cessione di un’area edificabile. I provvedimenti venivano impugnati dinanzi al giudice tributario eccependo che il maggior corrispettivo accertato non era stato sufficientemente provato.

L’Ufficio, infatti, si era limitato a presumere i redditi in base al prezzo definito dall’acquirente ai fini dell’imposta di registro. Il giudice di prime cure accoglieva il gravame, ma in appello la decisione veniva riformata.

In particolare la commissione regionale riteneva che i contribuenti non avessero fornito valida prova contraria idonea a superare la presunzione dell’amministrazione circa la determinazione del valore contestato.

Gli interessati ricorrevano così in Cassazione lamentando, tra i diversi motivi, che i giudici di appello avevano erroneamente ritenuto motivata la pretesa nonostante fosse fondata esclusivamente sul valore definito ai fini dell’imposta di registro.

La Suprema corte ha ritenuto fondata tale eccezione.

I giudici di legittimità hanno innanzitutto rilevato che nelle more del giudizio è intervenuto il Dlgs 147/2015 che ha chiarito la valenza presuntiva in simili tipi di accertamento.

L’articolo 5 comma 3 del decreto, interpretando le norme in tema di tassazione delle plusvalenze, ha infatti chiarito che per le cessioni di immobili e di aziende, l’esistenza di un maggior corrispettivo non è presumibile soltanto sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini delle imposte di registro, ipotecaria e catastale. Secondo i giudici di legittimità tale disposizione ha efficacia retroattiva trattandosi di una norma di chiaro carattere interpretativo.

La Cassazione si era già espressa in proposito.

Con la pronuncia 7488/2016 aveva ritenuto applicabile al passato la nuova disposizione, nel presupposto che l’intento in tal senso del legislatore si desume anche dall’assenza di una specifica indicazione sulla decorrenza.

Ad analoga conclusione era giunta con la sentenza 22221/2016, la quale confermava l’evidente carattere interpretativo della nuova disposizione.

La decisione conferma così un orientamento della Suprema corte che sta consolidando il principio secondo cui per la rettifica dei maggiori redditi, sono irrilevanti i valori accertati e definiti ai fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali e ciò anche in virtù della nuova norma.

Il chiarimento è particolarmente importante poiché non di rado gli Uffici rettificano le plusvalenze dichiarate dai venditori di immobili solo sulla base degli accertamenti delle imposte indirette definiti dagli acquirenti, nel presupposto che si tratta di una presunzione avverso la quale è sempre consentita al contribuente la prova contraria.

Vi è ora da sperare, in considerazione dell’orientamento consolidato assunto in sede di legittimità, che gli uffici facciano un passo indietro sia in caso di eventuali rettifiche, sia, soprattutto, per i contenzioso in essere in cui l’unica contestazione è rappresentata esclusivamente dal valore della cessione determinato ai fini del registro.

Cassazione, ordinanza 1823/2017

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