Controlli e liti

Polizze, la differenza la fa chi assume il rischio

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di Valerio Vallefuoco

Il recente intervento a margine dell’ordinanza n.10333/2018 della Corte di cassazione sulla natura dei prodotti unit-linked è stato ripreso dai media nazionali che hanno paventato la possibilità di una riqualificazione finanziaria generalizzata di tali strumenti assicurativi, generando qualche incertezza sul comparto assicurativo del cosiddetto Ramo III. Ma una materia processuale e di merito così complessa non può essere semplificata eccessivamente poiché si rischia la banalizzazione dei principi giuridici espressi quindi è necessario fare chiarezza sulla reale portata applicativa della pronunzia che riguarda ovviamente un caso specifico.

La Suprema corte si limita a statuire che nel caso di specie sottoposto alla sua cognizione, l’accertamento condotto dal giudice di merito, inteso a stabilire se il contratto «al di là del “nomen iuris” attribuitogli, sia da identificare come polizza assicurativa sulla vita ( in cui il rischio avente ad oggetto un evento dell’esistenza dell’assicurato è assunto dall’assicuratore) oppure si concreti nell’investimento in uno strumento finanziario (in cui il rischio di “ performance” sia per intero addossato all’assicurato)», è apparso immune da vizi di motivazione. Ma che tipo di accertamento aveva condotto la Corte di appello di Milano poi confermata dalla Cassazione? Secondo i giudici di secondo grado, nel caso di specie, la componente predominante se non esclusiva della polizza assicurativa precedente al 2007 era quella speculativa, con conseguente totale assunzione del rischio unicamente a carico dell’assicurato; mancando del tutto la garanzia della conservazione del capitale alla scadenza, il prodotto oggetto dell’intermediazione doveva essere considerato un vero e proprio investimento finanziario da parte di coloro che figuravano come assicurati.

Per gli stessi giudici, infatti il capitale iniziale può determinare incrementi o decrementi per effetto della sua gestione ma , il prodotto linked mantiene la sua natura assicurativa - e pertanto assolve alle finalità previdenziali perseguite dal beneficiario della polizza - se garantisce alla scadenza la conservazione “almeno in parte” del capitale iniziale (si veda Corte di appello di Milano, sent. 220/16). Questo orientamento è stato già espresso dalla Cassazione in casi speculari almeno due volte (sentenze 6061/12 e 8412/15) .

Il vero elemento di novità afferisce piuttosto all’attualizzazione giurisprudenziale dei principi di tutela del cliente laddove impone agli assicuratori l’adozione di tutte le cautele in materia di trasparenza previste per i prodotti finanziari come peraltro si evince dall’evoluzione normativa che ha già interessato la materia nonché dal superamento di precedenti orientamenti giurisprudenziali che vedevano le fiduciarie soggetto sottoscrittore per conto di chi spetta e quindi non riferibile la polizza direttamente al fiduciante .

Dal 1° luglio 2007, infatti, i prodotti unit-linked rientrano tra i «prodotti finanziari emessi da imprese di assicurazione» con conseguente applicazione di tutti i presidi che sono previsti a tutela del cliente dalla normativa finanziaria, compresi quelli di derivazione comunitaria. La stessa Mifid II riconosce questi contratti, introducendo la categoria di «prodotto di investimento assicurativo» («insurance based investment product»), definito come «prodotto assicurativo che presenta una scadenza o un valore di riscatto e in cui tale scadenza o valore di riscatto è esposto in tutto o in parte, in modo diretto o indiretto, alle fluttuazioni del mercato», concetto poi ripreso dalla direttiva Ue 2016/97, sulla distribuzione assicurativa.

Questi strumenti sono classificati tra quelli assicurativi anche dalla giurisprudenza comunitaria (decisione della Corte di giustizia Ue, Sez. V, 1° marzo 2012, C-166-11); ma in tutti questi casi però le assicurazioni mantengono almeno una parte anche minima di rischio sia esso attuariale, demografico o sul capitale o sulla controparte emittente. La questione è stata ampiamente dibattuta anche dalla giurisprudenza di merito che ha discusso con esiti non univoci sulla prevalenza ai fini della disciplina applicabile tra la natura assicurativa e quella finanziaria.

Pertanto seguendo l’orientamento della Cassazione e l’evoluzione normativa le polizze emesse dovranno mantenere almeno in parte una componente di rischio assunto dalle compagnie ed il cliente dovrà essere informato sulla componente finanziaria del prodotto che dovrà essere adeguata al profilo di rischio dello stesso cliente come prevede l’attuale normativa. Tali requisiti ormai sembrano stati recepiti da anni dal mercato in caso contrario infatti tali prodotti potrebbero essere riqualificati o dai Giudici o dall’amministrazione finanziaria .

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