Il CommentoImposte

Premi ai talenti dall’estero, il limite degli aiuti di Stato cancella l’appeal

Agevolazione preclusa per i titolari di partita Iva il cui risparmio fiscale supera i 200mila euro nel triennio

di Giuseppe Melis e Valentino Tamburro

Il recente rapporto curato dall’Eu tax observatory sulle nuove forme di concorrenza fiscale nell’ambito dell’Unione europea sviluppa anche talune riflessioni sulle misure fiscali che un numero crescente di Stati membri e il Regno Unito prevedono per “attrarre” le persone fisiche, siano essi dipendenti, autonomi, imprenditori e/o pensionati (regimi dei neoresidenti).

Si tratta di misure introdotte anche in Italia, vuoi sotto il profilo dell’abbattimento della base imponibile dei redditi prodotti in Italia, differenziato a seconda della regione di residenza (articolo 16 del Dlgs 147/2015), vuoi sotto il profilo della previsione di un’imposta forfettaria di 100mila euro per i redditi prodotti all’estero (articolo 24-bis del Tuir). Tuttavia, come anche recenti fatti di cronaca hanno evidenziato, il regime ha mostrato un appeal pressoché inesistente nei confronti di sportivi, artisti e, più in generale, di professionisti con redditi molto elevati.

Le cause della débâcle di una misura che pur si proponeva di attrarre le migliori professionalità, sono diverse. Quanto agli sportivi, esse dipendono essenzialmente dal requisito della prevalente produzione del reddito nel territorio dello Stato, che tipicamente contrasta con lo svolgimento prevalentemente all’estero dell’attività sportiva; quanto agli artisti e ai professionisti, l’ostacolo deve rinvenirsi da quanto successivamente disposto dall’articolo 5, comma 3, del Dl 34/2019, che ha previsto l’applicazione al regime degli impatriati – si intende, autonomi ed imprenditori – del limite de minimis sugli aiuti di Stato (200mila euro in tre anni).

Si tratta di una disposizione che appare dettata più dalla pigrizia del legislatore che da un reale approfondimento della questione. Nella risposta del commissario Vestager all’interrogazione in sede di Parlamento Ue n. E-002224/2019, rilevata preliminarmente l’assenza di una notifica della misura da parte del Governo italiano, si legge che, sulla base delle informazioni disponibili, la misura concerne l’imposta personale sul reddito e non l’imposta sulle società e si applica a tutti gli impatriati a qualsiasi settore essi appartengano, concludendosi circa l’assenza, prima facie, di elementi rilevanti ai fini dell’applicazione della disciplina degli aiuti di Stato. Senza armonizzazione, aggiunge il commissario, le imposte sul reddito personale ricadono nella piena competenza degli Stati membri, liberi di disegnare a piacimento il loro sistema fiscale, fermo restando il rispetto delle libertà fondamentali garantite dal Trattato (non discriminazione e divieto di restrizioni).

Appare urgente che lo Stato italiano ponga termine a questa “autoinflizione” di una disciplina limitativa che appare priva di reali basi giuridiche, ciò che potrebbe attuarsi agevolmente con una notifica alla Commissione Ue per «ragioni di certezza giuridica», cui segua, in ragione di una discutibile giurisprudenza di legittimità che “nazionalizza” le norme de minimis limitative delle agevolazioni indipendentemente dalla loro natura di aiuto di Stato, la successiva abrogazione della disposizione interessata.