Prestazioni composte, comanda l’aliquota Iva della principale
Non è detto che prevalga l’aliquota Iva più alta se, a fronte di prestazioni per le quali sono previste diverse aliquote, viene richiesto e fatturato un corrispettivo indistinto, anche scomponibile. Con la sentenza depositata ieri, causa C-463/16 , la Corte di giustizia europea aggiunge, anche in contrasto con la prassi italiana, un nuovo tassello alle pronunce di giurisprudenza sul tema, che non sempre viaggiano nella stessa direzione.
Questa volta, i giudici lussemburghesi non sono disposti a consentire agli Stati membri dell’Unione di operare scomposizioni artificiali per non perdere una parte dell’Iva, quella ad aliquota più elevata, relativa ad una prestazione unica. Pertanto affermano che una prestazione unica, composta da due elementi distinti, uno principale e l’altro accessorio, i quali, se fossero prestati separatamente, sarebbero assoggettati ad aliquote Iva differenti, deve essere tassata alla sola aliquota Iva applicabile alla prestazione unica. Tale aliquota è in questo senso determinata in funzione dell’elemento principale, anche qualora il prezzo di ciascun elemento, che compone il prezzo totale versato da un consumatore per poter beneficiare di tale prestazione, possa essere identificato.
Il tema della tassazione delle prestazioni composte, o delle cessioni plurime, non è per niente di facile soluzione. Accade spesso nella pratica che l’oggetto di un contratto è complesso e composito, costituito da più elementi, di modo che non è semplice distinguere se ci si trova dinanzi ad una pluralità di operazioni, ciascuna da trattare ai fini Iva distintamente ed autonomamente, oppure se, viceversa, prevalga una prestazione sulle altre, che pertanto si configura come principale, attraendo al proprio regime fiscale le operazioni accessorie, seppure appartenenti ad una diversa classe di aliquota Iva.
Se poi si considera che i principi che disciplinano la fattispecie sono, in un certo qual modo, divergenti – da un lato, ciascuna operazione dev’essere considerata di regola come autonoma e indipendente, dall’altro, l’operazione costituita da un’unica prestazione sotto il profilo economico non dev’essere artificialmente divisa in più parti per non alterare la funzionalità del sistema Iva – ben si comprenderà perché spesso c’è una confusione sul tema. Alcune prassi nazionali (si veda, ad esempio la Risoluzione 111/E/2004), per “consolidato principio di carattere generale”, ritengono prevalente l’aliquota maggiore in tutti quei casi in cui a fronte di più prestazioni tassabili ad aliquote diverse viene richiesto un corrispettivo unico.
Con la sentenza di ieri, la Corte sembra voler dire una cosa diversa, e cioè che nel caso di più prestazioni connesse tra loro, a “comandare” è il regime Iva della principale, il quale si trascina dietro quello delle accessorie, indipendentemente dal fatto che tratti o meno dell’aliquota più elevata e che il corrispettivo versato sia o meno scomponibile in relazione ai diversi elementi.
Corte di giustizia, sentenza causa C-463/16