Imposte

Procedure concorsuali, operazione recupero dell’Iva con la nota di variazione

Qualota il creditore sia soddisfatto nel suo credito per una quota parte superiore a quella oggetto di nota di variazione, dovrebbe rettificare in aumento il suo debito Iva nei confronti dell’Erario

di Simona Ficola

L’articolo 18 del Dl 73/2021 (decreto Sostegni bis) ha introdotto, in riferimento alle procedure concorsuali avviate successivamente al 26 maggio 2021 compreso, delle modifiche sostanziali alla disciplina delle variazioni in diminuzione dell’imponibile Iva o dell’imposta dovuta (articolo 26 del Dpr 633/1972). In breve, la nuova norma dispone che nel caso di mancato pagamento del corrispettivo connesso a procedure concorsuali non si debba più attendere la conclusione delle stesse, ma la variazione in diminuzione dell’Iva può essere effettuata dal creditore a partire dal momento di apertura della procedura concorsuale.

Nello specifico, per il concordato preventivo, il debitore si considera assoggettato a procedura concorsuale dalla data del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo. Dunque, a partire da tale momento, il creditore può emettere la nota di variazione.

Per quanto riguarda l’ammontare dell’imposta recuperabile, la circolare 20/E/2021 ha chiarito che « in caso di concordato preventivo, a differenza delle altre procedure concorsuali, la parte dei corrispettivi fatturati dai creditori che dovrà essere pagata dai debitori sottoposti a detta procedura è individuata in modo specifico fin dal decreto di ammissione, in forza della peculiare disciplina prevista dalla legge fallimentare».

Nello specifico, secondo il documento di prassi richiamato, rileva l’articolo 160 della legge fallimentare secondo cui: «In ogni caso la proposta di concordato deve assicurare il pagamento di almeno il venti per cento dell’ammontare dei crediti chirografari». Di conseguenza, il creditore può emettere una nota di variazione in diminuzione solo per la quota di credito chirografario destinata a restare insoddisfatta, in base alle percentuali definite dalla procedura (al massimo dell’80%).

La stessa agenzia delle Entrate, conformemente a quanto proposto da Assonime con la circolare n. 17 del 7 giugno 2021, ha chiarito che in ipotesi di credito non soddisfatto o soddisfatto in maniera inferiore al venti per cento, sarebbe comunque possibile emettere la nota di variazione (a questo punto al termine della procedura) anche per le procedure avviate successivamente al 26 maggio 2021. Secondo l’agenzia delle Entrate, infatti, è possibile procedere con l’emissione della nota di variazione, ai sensi del comma 2 dell’articolo 26 (e non più del comma 3-bis), ovvero a causa una modificazione dell’assetto giuridico instaurato tra le parti, caducando in tutto o in parte con effetto ex tunc gli effetti dell’atto originario, in particolare per ciò che attiene ai corrispettivi economici delle operazioni.

Nell’ipotesi in cui il creditore sia soddisfatto nel suo credito per una quota parte superiore a quella oggetto di nota di variazione, dovrebbe rettificare in aumento il suo debito Iva nei confronti dell’Erario (articolo 26, comma 5-bis, del Dpr 633/1972).

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