Controlli e liti

Processo tributario, i ricorrenti tardivi sono discriminati

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di Enrico De Mita

Appaiono in contrasto con i principi costituzionali le norme processuali tributarie, di cui agli articoli 22 e 27 Dlgs 546/92, che sanzionano con l’inammissibilità del ricorso, rilevata e pronunciata d’ufficio, la mancata costituzione in giudizio tempestiva del ricorrente, senza la possibilità di una costituzione tardiva del ricorrente neppure quando si sia costituito in giudizio il resistente. A sollevare la questione è stata la Ctp di Genova con un’ordinanza presidenziale del 1° aprile 2009 (Gazzetta ufficiale n. 24 del 12 giugno 2019). Nel processo all’esame della Ctp è pacifico che la ricorrente non si è costituita nei 30 giorni dalla proposizione del ricorso; l’Ufficio resistente ha depositato, invece, proprie controdeduzioni in termini chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso ex articolo 27. Il giudice remittente, in sede di discussione del reclamo ex articolo 28 Dlgs 546/92, ha censurato le norme scrutinate per contrasto con gli articoli 3, 24, 97 e 11 Costituzione, per violazione del principio di ragionevolezza, del diritto di difesa e del principio di parità di trattamento del ricorrente tributario rispetto all’attore civilistico nonché per disparità di trattamento all’interno del processo tributario, tra il resistente, che deve osservare solo un termine ordinatorio per la costituzione, e il ricorrente che subirebbe un termine perentorio a pena di inammissibilità del ricorso. Si rinviene un contrasto con il principio del giusto processo, poiché l’articolo 22 impedirebbe il diritto all’accertamento della fondatezza della pretesa impositiva. Da ultimo si rileva la violazione dell’articolo 97 della Costituzione, poiché le norme in esame farebbero dipendere la soccombenza sostanziale del contribuente dalla tardiva costituzione in giudizio, nonostante abbia notificato nei termini il ricorso avverso l’atto impositivo e nonostante controparte si sia costituita in giudizio.

Il nodo centrale della questione, che pure emerge dai profili di censura, riguarda il mancato adeguamento delle norme del processo tributario al processo civile, il cui processo di cognizione ordinaria ammette la costituzione tardiva dell’attore fino alla prima udienza qualora, in assenza di costituzione tempestiva dell’attore, il convenuto si sia, invece, costituito in giudizio tempestivamente. Nel processo civile, inoltre, l’estinzione del giudizio non è mai dichiarata d’ufficio. Come previsto dall’articolo 1, comma 2, Dlgs 546/92, le norme processuali civili si applicano al processo tributario in tanto in quanto non derogate.

A fronte dell’identica premessa della costituzione in giudizio della parte convenuta, il processo civile può incardinarsi ritualmente; nel processo tributario, invece, l’esito sarebbe l’inammissibilità del ricorso. Alla luce dell’articolo 3 della Costituzione, le deroghe tributarie al diritto comune sono legittime costituzionalmente in quanto “non irragionevoli”. A ben vedere, l’Ufficio, nel processo in oggetto, avrebbe potuto rimanere silente e attendere il decreto presidenziale di inammissibilità. Al contrario esso stesso ha inteso instaurare il processo nella sua pienezza, insistendo per la declaratoria di inammissibilità del ricorso, esito per cui la costituzione dell’ufficio non sarebbe stata necessaria.

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