Controlli e liti

Processo tributario, stop al principio di vicinanza della prova

Con la riforma ci si distacca dal criterio ideato dai giudici civili per i casi di disparità informativa

di Dario Deotto e Luigi Lovecchio

Non sembra (più) possibile – con il nuovo principio dell’onere probatorio stabilito dalla riforma del processo tributario – applicare in materia fiscale il criterio della “vicinanza o prossimità della prova”. Con la legge 130/2022 (nuovo articolo 7, comma 5-bis, del Dlgs 546/1992) è stata scolpita una regola propria dell’onere della prova nella materia tributaria, affrancandola così dal disposto di cui all’articolo 2697 del Codice civile.

Va compreso, quindi, se può (ancora) trovare applicazione il principio giurisprudenziale di vicinanza della prova, assunto in più occasioni dalla Cassazione, anche in materia tributaria. Si tratta di un criterio che risulta sussidiario rispetto a quello stabilito dall’articolo 2697 ma che, in pratica, ne determina la deroga, perché comporta il trasferimento dell’onere probatorio dalla parte onerata secondo l’articolo 2697 a quella che non lo sarebbe ma che si trova più “vicina” alla prova. Sostanzialmente il contribuente, nelle vicende tributarie.

Occorre tuttavia rilevare che il principio (giurisprudenziale) della vicinanza della prova anche dal punto di vista civilistico (anzi, “soprattutto” dal campo del diritto civile, visto che da lì promana) non risulta un criterio “normale” – seppure sussidiario – di ripartizione dell’onere della prova, ma si tratta di un criterio eccezionale e di chiusura che può essere utilizzato solo quando strettamente necessario a evitare un abuso dell’articolo 2697 del Codice civile. Difatti, «la prossimità/vicinanza della prova trae le conseguenze dalla peculiare natura di fattispecie in cui di una ordinariamente agevole possibilità di fornire la prova fruisce una parte soltanto» sicché si realizza «una disparità tra i litigatores che conduca lo strumento processuale a fuoriuscire dalla necessaria parità funzionale» (ex multis, Cassazione, sez. III, 13851/2020).

In sostanza, il principio di vicinanza della prova, secondo la giurisprudenza di legittimità (civilistica) che nel tempo ne ha affinato la “latitudine”, è un istituto eccezionale e che si giustifica soltanto in casi estremi: quando, per lo più, si realizza un abuso dell’articolo 2697 a scapito di una delle parti, così da rendere impossibile o troppo difficile l’esercizio dell’azione in giudizio, in quanto si verifica «l’impossibilità dell’acquisizione simmetrica» dei mezzi di prova (Cassazione, sez. I, 13853/2019).

Muovendo da questa ricostruzione, appare evidente che la giurisprudenza tributaria di legittimità ha il più delle volte impropriamente fatto ricorso al principio di vicinanza della prova (ad esempio, in materia di transfer pricing). Un conto infatti è l’ambito civilistico, nel quale la limitatezza degli strumenti di acquisizione delle prove che risultano nella disponibilità dei privati – perlomeno in relazione a fatti estranei alla sfera giuridica e/o materiale delle parti – può giustificare l’«eccezionale deroga» all’articolo 2697 del Codice civile. Altro è l’ambito della materia tributaria, dove non si riscontra, oggi, quell’inferiorità conoscitiva dell’Amministrazione rispetto al contribuente, che potrebbe, in taluni casi, giustificarla. Attualmente, infatti, l’Agenzia dispone di mezzi conoscitivi che consentono di ricostruire – anche presuntivamente – la quasi totalità dei fatti rilevanti attribuibili al contribuente sotto il profilo tributario. Se poi questi poteri conoscitivi l’Amministrazione non li utilizza, ciò non può portare a derogare (comunque, come criterio eccezionale, come si è visto) il disposto dell’articolo 2697.

A maggior ragione si è dell’avviso che – oggi che viene fissata una regola “propria” nel diritto tributario dell’onere probatorio attraverso il nuovo comma 5-bis dell’articolo 7 del Dlgs 546/1992 – non possa essere recepito (automaticamente) dal diritto civile un criterio «sussidiario e comunque eccezionale» rispetto al dettato dell’articolo 2697 del Codice civile, dal quale (dettato) la materia tributaria, come si è riportato, ora si è distaccata. Fermo restando che già precedentemente, a nostro avviso, non si realizzavano quasi mai quelle condizioni di inferiorità conoscitiva di una delle parti in causa (l’agenzia delle Entrate in questo caso) che ne legittimavano l’adozione.

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