Il CommentoProfessione

Professioni, basso profilo sulla Cig

Non solo Iscro: percorso a più vie per garantire assistenza alla galassia dei lavoratori autonomi

di Adalberto Perulli

La crisi economica e sociale causata dalla pandemia ha evidenziato i limiti strutturali del nostro sistema di sicurezza sociale, con particolare riferimento a due principali questioni: da un lato l’eccessiva frammentarietà degli istituti, dall’altro la scopertura del lavoro autonomo, che nel nostro paese rappresenta il 21,7% della popolazione attiva. L’occasione è propizia per riformare l’intero sistema degli ammortizzatori sociali, seguendo una logica di ricomposizione degli strumenti esistenti (le molteplici casse integrazioni e Fis) a favore di un unico sostegno al reddito, di ispirazione universalistica, per tutelare non solo i lavoratori subordinati ma anche gli autonomi. Un’occasione storica, insomma, per dare finalmente attuazione all’articolo 35 della Costituzione, che promette la tutela del lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni, realizzando al contempo quanto prevede il Pilastro sociale europeo, che, nell’esprimere principi e diritti fondamentali di equità e di buon funzionamento dei mercati del lavoro, statuisce che «i lavoratori autonomi hanno diritto ad un’adeguata protezione sociale».

In questa direzione si muovono le linee guida elaborate da un gruppo di studio del ministero del Lavoro coordinato da Marco Barbieri, che ha individuato la via dell’universalismo selettivo o differenziato per rispondere ai bisogni di sicurezza sociale di tutti i lavoratori, siano essi subordinati o autonomi. Affermando espressamente che «non è pensabile costruire un sistema universale di tutela delle persone che lavorano senza includervi anche il lavoro autonomo», lo studio, solido e convincente, entra nell’ampio mondo del lavoro autonomo per distinguere le diverse forme e “modulare” le rispettive tutele. È l’approccio giusto: se il lavoro autonomo si declina al plurale, sia dal punto di vista civilistico che giuslavoristico, le stesse prestazioni di sicurezza sociale devono essere costruite seguendo una logica selettiva, pur nell’ottica di una copertura universale.

Le diverse realtà

Partiamo dalle fasce più deboli del lavoro autonomo «economicamente dipendente», come i collaboratori etero-organizzati (articolo 2 del Dlgs 81/2015), coordinati e continuativi (articolo 409, n. 3, Cpc), ma anche i lavoratori autonomi iscritti esclusivamente alla gestione separata Inps: a queste categorie dovrebbe estendersi il trattamento di disoccupazione generale, non diversamente da quanto accade per il lavoro subordinato. Per i lavoratori autonomi tradizionali si dovrebbe invece prevedere una prestazione in caso di sospensione o riduzione dell’attività, variabile in relazione alla riduzione del fatturato, con un massimale di reddito (ad esempio 35mila euro) e una durata temporale massima (ad esempio 12 mesi). Per garantire i neo-professionisti si potrebbe invece creare un reddito minimo per i primi tre anni di iscrizione alla Cassa, assumendo il reddito di cittadinanza come parametro e detraendo il reddito dichiarato.

Si dovrebbe infine istituire una prestazione per il caso di cessazione involontaria dell’attività professionale: per gli iscritti alla Gestione separata Inps, in assenza di contribuzione per sei mesi, l’Ente dovrebbe erogare un’indennità commisurata alla media dei compensi mensilmente percepiti nei tre anni precedenti, con la stessa percentuale e la stessa durata della prestazione per il lavoro subordinato; per i professionisti ordinistici iscritti alle Casse professionali si dovrebbe corrispondere un’indennità una tantum, in percentuale sulla media delle contribuzioni versate annualmente negli anni precedenti (2% annuo), da liquidare contestualmente alla cancellazione, con onere di recupero in caso di reiscrizione nel successivo quinquennio.

Si tratta, ovviamente, di interventi che richiedono specifici meccanismi di finanziamento: ad esempio un sistema contributivo articolato in un numero definito di aliquote progressive in ragione del reddito professionale dell’ultimo triennio. Il rischio è che un simile progetto rimanga un libro dei sogni; il legislatore, per il momento, non riesce ad andare al di là del modesto Iscro, un’indennita straordinaria di continuità reddituale e operativa, da finanziare con un prelievo dello 0,28% a carico dei lavoratori autonomi: decisamente troppo poco se non si vuole perdere l’occasione di dotare il nostro paese di un sistema razionale ed adeguato di sicurezza sociale per tutte le attività di lavoro, subordinato e autonomo, garantendo in tal modo il valore della dignità della persona.