Adempimenti

Professionisti inclusi nella moratoria sui prestiti

L’articolo 56 del Dl 18/2020 non fa riferimento alla categoria, ma richiama la norma Ue che non li esclude

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di Valerio Vallefuoco

Una delle misure di sostegno finanziario previste dal Governo per le micro, piccole e medie imprese colpite dall’epidemia di Covid-19, la moratoria da applicare ai finanziamenti, sta generando dubbi sul perimetro di applicazione. Anche se alcune prime interpretazioni puntano all’esclusione dei professionisti, infatti, le definizioni europee alle quali la norma fa riferimento vanno in una direzione opposta.

L’articolo 56 del Dl 18/2020 nel prevedere misure finanziarie per le Pmi, non fa riferimento espresso ai professionisti. La norma stabilisce che l’epidemia da Covid-19 sia formalmente riconosciuta come evento eccezionale e di grave turbamento dell’economia, ai sensi dell’articolo 107 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

Pertanto, al fine di sostenere le attività imprenditoriali danneggiate dall’epidemia di Covid-19, le imprese, piccole e medie potranno avvalersi dietro comunicazione – in relazione alle esposizioni debitorie nei confronti di banche, di intermediari finanziari e degli altri soggetti abilitati alla concessione di credito in Italia – di rilevanti misure di sostegno finanziario tra cui: nessuna revoca dei prestiti totale o parziale fino al 30 settembre 2020, per i prestiti non rateali con scadenza contrattuale proroga senza alcuna formalità fino al 30 settembre 2020, ma soprattutto per i mutui e gli altri finanziamenti a rimborso rateale, anche perfezionati tramite il rilascio di cambiali agrarie, il pagamento delle rate o dei canoni di leasing in scadenza prima del 30 settembre 2020, c’è una moratoria sino al 30 settembre 2020.

Tuttavia, il comma 2 dello stesso articolo per specificare l’ambito di applicazione della misura economica definisce le imprese richiamando espressamente la Raccomandazione della Commissione europea n. 2003/361/CE del 6 maggio 2003. Secondo questa raccomandazione si considera impresa ogni entità, a prescindere dalla forma giuridica rivestita, che eserciti un’attività economica, quindi certamente anche i professionisti. In particolare sono considerate tali le entità che esercitano un’attività artigianale o altre attività a titolo individuale o familiare, le società di persone o le associazioni che esercitino un’attività economica.

Sempre dalla Raccomandazione sono previste delle soglie finanziarie e dimensionali che definiscono tali categorie di imprese. La categoria delle microimprese delle piccole imprese e delle medie imprese (Pmi) è costituita da imprese che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di euro oppure il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di euro. Nella categoria delle Pmi si definisce piccola impresa un’impresa che occupa meno di 50 persone e realizza un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiori a 10 milioni di euro.

Nella categoria delle Pmi si definisce microimpresa un’impresa che occupa meno di 10 persone e realizza un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiori a due milioni di euro.

Nella Raccomandazione è prevista anche una norma interpretativa per gli Stati, secondo cui tutte le normative comunitarie o programmi comunitari che saranno modificati o adottati e che facciano menzione dei termini «Pmi», «microimpresa», «piccola impresa» o «media impresa» o di termini simili dovrebbero fare riferimento alla definizione di cui alla presente raccomandazione.

Seguendo, quindi, sia il richiamo espresso alla Raccomandazione europea che una interpretazione euro-unitaria, considerato anche che si tratta di aiuti alle imprese, i professionisti rientrano a pieno diritto in questa definizione. Tuttavia sarebbe estremamente utile ed urgente, anche per evitare contenziosi sull’applicazione della moratoria, che vengano fornite interpretazioni univoche ed autentiche dal Governo sull’estensione espressa delle misure di sostegno finanziario anche ai professionisti, che già ritengono che il decreto li abbia esclusi dalle altre misure di sostegno.

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