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Rafforzamento patrimoniale, i tanti nodi irrisolti di un bonus ancora fermo

Dall’entità del beneficio ai tempi di utilizzo, per la partenza del credito d’imposta manca ancora il Dm

di Giuseppe Rebecca

Il decreto Rilancio (Dl 34/2020) – ora in prima lettura alla Camera – ha introdotto all’articolo 26 un’agevolazione per gli aumenti di capitale delle società. Questo «rafforzamento patrimoniale delle imprese di medie dimensioni» prevede, per le società di capitali e le cooperative, una serie di requisiti:
- calo di fatturato complessivo nei mesi di marzo e aprile 2020, rispetto agli stessi mesi del 2020, superiore al 33%;
- fatturato della società 2019 compreso tra i 5 e i 50 milioni di euro;
- aumento di capitale sociale in denaro di massimo 2 milioni di euro, da effettuarsi entro il 31 dicembre 2020;
- partecipazione detenuta almeno fino al 31 dicembre 2023;
- nessuna distribuzione di riserve, nel frattempo.

L’agevolazione è inoltre sottoposta alle seguenti condizioni:
- approvazione da parte della Commissione europea;
- emanazione di un decreto del Mef relativo ai criteri e alle modalità di applicazione e di fruizione del credito d’imposta entro il 18 giugno 2020, tenuto anche conto che l’importo massimo dell’agevolazione è stato determinato in 2 miliardi di euro;
- se il conferimento è effettuato da società verso altre società, è ammesso solo se non controllate, direttamente o indirettamente, oppure non soggette a comune controllo o collegate.
Il beneficio consiste in un credito d’imposta del 20% dell’aumento del capitale sociale .

Un elenco di criticità
Esaminiamo degli aspetti particolari. Il primo riguarda proprio l’entità del beneficio stesso: cosa può significare il fatto che il Dm dovrà riferirsi anche all’importo massimo stabilito dalla norma circa il beneficio, cioè 2 miliardi di euro. Ci dovremmo forse attendere un click day? Forse, una volta esaurito il monte messo a disposizione, non ci sarà alcuna agevolazione? In questo caso, meglio correre ad effettuare questi aumenti.
Ma c’è dell’altro. L’ammontare di 2 miliardi di euro è riferito al 2021: cosa può significare? Il credito è utilizzabile per il periodo d’imposta nel quale è effettuato l’aumento (sarebbe bastato dire 2020), quindi nel 2021. Forse questo potrebbe essere il significato.
La seconda osservazione è che non è richiesto che si tratti di soci già esistenti, e dunque il riferimento è a chiunque possa effettuare tale aumento, anche se non già socio ante aumento.

Altra cosa riguarda il fatto che pare mancare un riferimento specifico alla distribuzione di riserve fatta preventivamente all’operazione di aumento di capitale sociale. Il riferimento della norma, in effetti, è alle distribuzioni effettuate prima del 31 dicembre 2023 dalla società oggetto di conferimento. Ma manca un dato iniziale: da quando? Dall’entrata in vigore della norma? E se le riserve sono state distribuite a gennaio 2020? Oppure solo dopo l’effettuato conferimento? Nulla è poi detto circa l’eventuale distribuzione, come pure l’utilizzo diretto, di un finanziamento soci già effettuato. Ma probabilmente il decreto ministeriale chiarirà questi particolari aspetti che il legislatore non ha avuto modo di approfondire.

Sull’applicabilità della norma, comunque, è lecito preoccuparsi. L’approvazione dell’Europa pare non sia ancora arrivata, o se è arrivata è stata tenuta nascosta ai più. E del Dm di applicazione, da emanarsi entro il 18 giugno, al momento non c’è traccia. Si tratta di un termine ordinatorio, ma il suo mancato rispetto si tramuta in un mancato rispetto delle imprese. È vero che in sede di conversione le cose possono variare: ma allora è assurdo prevedere un termine che si pensa già di non rispettare.