Controlli e liti

Reati fiscali, per le imprese responsabilità parapenale

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di Giovanni Negri

A suo modo una svolta epocale. Perchè dell’applicazione del decreto 231, che nel 2001 introdusse in Italia una previsione a suo modo rivoluzionaria come la responsabilità “parapenale” delle imprese, ai reati fiscali, si dibatteva da anni. Dopo la tormentata nottata nella quale la maggioranza ha trovato la quadra sulla riforma del penale tributario l’allargamento è ora realtà. Una realtà che non piace alle imprese, con Confindustria che contesta la criminalizzazione delle aziende e Governo e maggioranza che invece hanno tirato diritto.

Perchè già con il decreto legge n. 124 di poche settimane fa si era aperta un breccia, ammettendo la responsabilità delle imprese per il solo reato di dichiarazione fraudolenta. Ma, come era apparso se non evidente molto probabile, quel timido inserimento ha poi permesso in sede di emendamento di agganciarvi tutta una serie di altri reati. Con la conseguenza di rendere applicabile un pacchetto di sanzioni per nulla banale. Che va dalle misure pecuniarie, che potranno toccare nei casi più gravi il milione di euro, alle sanzioni interdittive, che, anche prima della sentenza, potranno paralizzare l’impresa in tutti i rapporti con la pubblica amministrazione.

Del resto, la relazione è chiara, là dove ricorda che «si tratta di proposta che risponde a esigenze di coerenza dell’ordinamento, frustrate dalla previsione di un solo delitto tributario e non anche di altre gravi ipotesi delittuose in materia, dalle quali la persona giuridica può trarre un beneficio anche maggiore rispetto a quello conseguibile con la consumazione del delitto di cui all’articolo 2, che non prevede soglie di punibilità».

L’inserimento, sottolinea la relazione, permette inoltre di considerare assolto il vincolo comunitario che chiedeva l’estensione almeno per quanto riguarda le frodi Iva.

Nel dettaglio, la ormai lunghissima lista dei reati presupposto (quelli che giustificano l’applicazione della responsabilità amministrativa delle imprese) comprenderà i 2 casi di dichiarazione fraudolenta, quella attraverso fatturazione o documentazione oppure attraverso altri artifizi, l’emissione di false fatturazioni, l’occultamento e distruzione di documentazione contabile e la sottrazione fraudolenta al pagamento d’imposte.

Le sanzioni pecuniarie, attraverso l’ormai “classico” meccanismo delle quote, con una quota che può oscillare nell’importo da un minimo di 258 euro a un massimo di 1.549, potranno andare dalle 500 quote con il quale colpire il caso più grave di dichiarazione fraudolenta e l’emissione di false fatture, alle 400 per gli altri delitti. Nei casi di maggiore gravità, quelli nei quali la società si è assicurata attraverso le condotte di evasione un profitto di rilevante entità, l’importo potrà essere aumentato fino a un terzo.

Delicato poi il capitolo delle sanzioni interdittive che, inizialmente, per il reato “gancio” neppure erano state previste e che come detto si applicano anche in via cautelare. Ora invece lo sono e prevedono il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, la decadenza da finanziamenti e agevolazioni pubbliche, il divieto di pubblicizzare prodotti.

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