Imposte

Redditi prodotti all’estero, niente credito di imposta per le ritenute alla fonte

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di Giacomo Albano

Non spetta il credito d’imposta estero in relazione alle ritenute subite da una società italiana a fronte dei pagamenti per servizi tecnici resi all’estero, qualora l’applicazione di tale ritenuta non sia conforme alla Convenzione contro le doppie imposizioni stipulata tra l’Italia e lo Stato di residenza del soggetto estero. La conferma arriva dalla risposta all’interpello n. 23 pubblicata ieri, con cui l’agenzia delle Entrate si è espressa sull’accreditabilità o meno (ai sensi dell’articolo 165 del Tuir) di una ritenuta subita da una società italiana in uno Stato estero, in qualità di Stato della fonte, sugli importi pagati da un soggetto ivi residente per prestazioni di servizi di carattere ingegneristico.

L’applicazione della ritenuta era stata richiesta al soggetto estero dalle autorità fiscali locali, in base alla normativa domestica. L’Agenzia osserva preventivamente che in base alla Convenzione contro le doppie imposizioni tra l’Italia e lo Stato del pagatore (conforme alla Convenzione Ocse), il reddito d’impresa prodotto da una società italiana nell’altro Stato - in assenza di stabile organizzazione - deve essere assoggettato a tassazione esclusivamente in Italia.

La Convenzione, inoltre, non prevede alcuna disposizione specifica applicabile ai redditi derivanti dalla prestazione di “servizi tecnici” o di servizi analoghi e tantomeno tali servizi sono riconducibili alla definizione di “canoni”, stabilita all’articolo 12 della Convenzione stessa, circostanza che avrebbe potuto legittimare una potestà impositiva concorrente dello Stato di residenza del percettore e di quello della fonte.

L’impossibilità di qualificare i servizi tecnici resi dalla società italiana si verifica anche considerando individualmente le singole prestazioni rese dalla stessa, che sono essenzialmente rappresentate da “disegni e progetti” e da “prestazioni di servizi di consulenza ed assistenza”

Con riguardo ai disegni, infatti, la definizione di canoni, contenuta nella Convenzione include i pagamenti di ogni tipo per l’uso o la concessione in uso di disegni, modelli o progetti. Tuttavia, il commentario precisa che a tal fine e necessario che i compensi siano percepiti per lo sviluppo di un disegno, di un modello o di un progetto che siano già esistenti, mentre nel caso in esame la preesistenza del progetto e lo sviluppo non si verifica e tantomeno i progetti predisposti sono inquadrabili tra le opere dell’ingegno.

La risposta evidenzia che anche le prestazione di servizi di consulenza e assistenza non sono riconducibili al concetto di cessione del. know how, convenzionalmente incluso nel campo di applicazione dell’articolo 12 del Modello di Convenzione (“Canoni”), ma piuttosto nell’articolo 7 (“Utili d’impresa”), in quanto i servizi non comportano il trasferimento delle conoscenze del prestatore alla controparte. Nella fattispecie in esame, secondo l’Agenzia, la Società italiana non trasferisce alcuna conoscenza tecnica, ma mantiene un mero ruolo di supervisione e coordinamento nello sviluppo del progetto, e quindi sotto il profilo convenzionale le prestazioni fornite devono essere collocate nel campo d’applicazione dell’articolo 7 della Convenzione, quali utili d’impresa.

Pertanto, in assenza di stabile organizzazione all’estero, tali utili sono imponibili esclusivamente in Italia quale Stato di residenza. Ne consegue che la ritenuta eventualmente applicata dal cliente non residente all’atto del pagamento, non essendo conforme alle disposizioni convenzionali, non è accreditabile in Italia ai sensi dell’art. 165 del Tuir.

Agenzia delle Entrate, interpello 23/2019

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